mercoledì 23 luglio 2008

Lettera aperta a Riccardo Riccò


Buongiorno Riccardo, provo a scriverti qualche riga.
Credo che a questo punto della storia, comunque vada, il ciclismo c'entri più poco o niente.
La tua carriera, quella per cui hai speso tanti anni in sella, ha preso una svolta tanto repentina, quanto incorreggibile. Qualsiasi cosa accadrà, qualsiasi cosa farai, non si potrà più tornare indietro. Ciò che è accaduto segnerà comunque il passo a quella che sembrava una meravigliosa storia di ciclismo.
Allora non vale più la pena di parlare di ciclismo. Bisogna parlare di uomini.
E’ toccato a te. Sono convinto che poteva toccare a qualcun altro o forse sta per toccare a qualcun altro. E’ tutto così fragile, adesso. Noi sportivi non abbiamo più certezze.
Allora parliamo di uomini e lasciamo stare il ciclismo.
Tu sei un uomo, Riccardo? Io credo di si.
Ti ricordi quando criticavi i “vegetali”?
Anche allora parlavamo di uomini, vero? Di uomini che fanno ciclismo. E tu dimostravi di saperti assumere responsabilità da uomo, quando annunciavi un attacco e poi lo eseguivi secondo copione. Magari perdendo, ma l’attacco lo portavi. Tu non hai mai vinto la Milano Sanremo. Mai vinto il Lombardia. Mai il Giro e neppure il Tour. Però a noi piacevano i tuoi attacchi proprio perché annunciati e quindi tanto attesi. E quant’è bello, nel ciclismo, quando i protagonisti annunciati non deludono.
Oggi si dice che tu potevi permetterti di assumerti certe responsabilità perché giocavi sporco.
Io non credo sia così. Credo invece che sia comunque difficile fare certe cose. Credo sia comunque difficile fare ciò che tu facevi.
Adesso, Riccardo, è di nuovo il momento di assumersi una grande responsabilità, e sono convinto che in cuor tuo non vedi l’ora di farlo. Perché certi cavalli non si domani mai.
In tanti ti stanno dicendo cosa fare ma tu ora devi fare ciò che è giusto.
Per chi? E’ questo il punto.
Valgono qualcosa tutti quegli anni passati sul sellino della bici? Vale qualcosa il ciclismo per te?
Ti è toccata questa salita. In troppi, prima di te, non l’hanno saputa domare. Perché questa salita non si supera con le gambe ma con il coraggio che solo responsabilità e rispetto per se stessi possono dare, ad un uomo.
Sarai solo, Riccardo. Perché adesso è più facile (molto più facile) allinearsi ai vegetali. Seguire la corrente che forse un giorno ti porterà ancora alle corse.
Certo, le corse. Segui la corrente e tornerai quasi certamente alle corse. Ma nulla sarà uguale a prima. Nulla.
Tu lo sai.
Potrai attaccare, vincere. Nulla tornerà indietro.
Neppure ad essere uomini si guadagnerà nulla, Riccardo. Allora perché affrontare da uomo la questione?
Semplice. Perché in questa storia il ciclismo non c’entra davvero più niente.
Qua si parla “soltanto” della tua vita.

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