giovedì 5 ottobre 2023

Giro dell'Emilia 2023 | Altri tempi

 

San Luca e il suo portico al passaggio del gruppo dei migliori


Il Giro dell'Emilia è coetaneo del Giro d'Italia. Entrambi nati nel 1909, sotto segni zodiacali diversi. Il Giro (mi perdoni l'Emilia se non le riservo il nome maestro, la amo comunque) è del Toro che sfocia in Gemelli. L'Emilia è pura Vergine.

Antiche, leggendarie, maestose, corse in bianco e nero. Ancora oggi, che sono altri tempi.

Centoquattordici candeline portate benissimo.

Fu Eberardo Pavesi a vincere per la prima volta sotto le Torri. Fu anche il primo corridore italiano di sempre ad aver concluso un Tour de France.

Altri tempi.

A Bologna, quel giorno liberty, ventisei minuti di distacco rifilati al terzo. 

Altri tempi.

Il terzo era Ganna. Luigi.

Stessi cognomi, ma sempre altri tempi.

San Luca è un inno alla fatica e alla gloria, meta di preghiere e borracce, passi e pedali. Nascosto alla vista, il Santuario, ma sempre ben presente, attaccato al suo portico come un palloncino al suo filo.

Una scalata, nel vero senso della parola, con la strada che corre sulla sinistra in via Saragozza, poi passa sulla destra all'Arco del Meloncello, poi alla Curva delle Orfanelle torna sulla sinistra, poi alla S su in cima di nuovo sulla destra.

Uno scambio sinuoso, armonioso, elegante. Come fosse uno slalom gigante in salita. E di slalom, da queste parti, qualcuno se ne intendeva decisamente bene.

Dai Alberto, dai!

Altri tempi.

L'Emilia è piatta, fino a un certo punto. Poi si smuove, ondeggia, cresce in altezza e in levatura, diventa adulta e completa, dotta ed esemplare. Un equilibrio popolare tra colli e colture, circoli e portici. Giù fino al mare, a baciarsi con la Romagna e a guardare all'infinito.

Dove i sogni nascono o si infrangono, ma comunque vivono. Dove sui banchi di scuola si può sognare una salita a 100 chilometri da casa. E ci si può lanciare, andata e ritorno, per puntare a qualcosa di grande. Dalle onde alle vette, senza paura, come solo il talento puro sa fare. Dal mare a San Luca, col cuore e con le gambe. Senza watt né gel. E poi, nel tempo che verrà, con una bandana al posto dei capelli e col culo fuori dalla sella.

Proprio altri tempi.

mercoledì 17 maggio 2023

Il Giro siamo noi: partenza!

 di Francesco Bonasera




Il Giro entra puntuale nella quotidianità dei luoghi che attraversa.

La travolge. E la stravolge.

Per il fastidio di una strada chiusa che stimola la fantasia per la ricerca di nuove vie o per il sorriso che regala a chi passa una vita affacciata alla finestra in attesa che il mondo venga a bussare.

Può essere un'attesa lunga quattro anni, come un'Olimpiade. O può essere una primavolta, di quelle che non si scordano più.

Quasi nessuno sa chi sia il corridore che sta passando in una crono. Eppure lo incita, lo osserva, gli diventa amico per quei 10 secondi in cui sfreccia vicino. Così vicino che anch'io posso farlo, anch'io sono uno di loro.

I bambini leggono e gridano curiosi i nomi sui fogli dell'ordine di partenza, i signori anziani raccontano lucidi ed entusiasti di quella volta che Baldini vinse il Baracchi in coppia con Coppi, le signore annoiate - ma sorridenti e vestite a festa che neanche alla messa - ringraziano Dio ché finalmente l'ultimo è passato e si può tornare alle faccende importanti.

Il Giro è commovente perché il Giro è di tutti. È la cultura popolare a fatti e non a parole, è il racconto condiviso di una Storia che esce dai milioni di libri.

Il Giro siamo noi, padri e figli.

Ognuno di noi dovrebbe seguire il Giro una volta nella vita. Dovrebbero esistere ferie dedicate. Per scoprire e conoscere il Paese in cui viviamo, capirne i difetti, sentirne e respirarne la bellezza, amarne le imperfezioni. Se un futuro c'è, passa lungo queste strade, si infila nelle piazze vive di borghi dimenticati, coglie lo sguardo ampio di un artigiano nascosto, sfiora la neve inattesa di maggio e si tuffa nel blu dipinto di... rosa.

Mentre la corsa passa, proprio sotto il tuo ombrellone.



mercoledì 5 aprile 2023

Tirreno Adriatico 2023 | Che vento


di Francesco Bonasera

La coda per le vacanze passa sbiadita tra le notizie che danno alla TV. È un'estate che procede lenta, come quella di trent'anni fa, con le cicale che tessono un tappeto di armonie e le tende esanimi alle porte aperte delle case. Tra un pranzo ormai appisolato sul divano e la strada rovente e deserta che chiede soltanto pietà. 

Le bici aspettano in cortile l'ombra della sera, c'è un artista in paese che canta giù in piazza poco dopo le 6.

Il pomeriggio è ancora troppo azzurro. E lungo.

Sdraiati sul letto insieme a me, riaffiorano i ricordi di un pomeriggio diverso, uno di quelli di trent'anni fa. Il paese rideva infiocchettato di azzurro e di blu. Parole, parole, parole, tra sambuca e caffè. Sui tetti del centro un vento che spezzava pure i muri più duri. Era massiccio, imponente, travolgente. Fastidioso, soffocante, disturbante. E per questo era davvero bellissimo. Rimetteva in ordine un groviglio di mesi incerti e in gran parte buttati. O, almeno, ci ha provato un bel po'.

Nessun compromesso, non scambiatevi alcun segno di pace. 

Quel pomeriggio c'era la corsa di biciclette, proprio come quelle che danno alla TV. Le moto, le sirene, le macchine che sfrecciano e tutta quell'aria che vola quando il gruppo arriva a tutta velocità. 

Io per lavoro conoscevo tutte le strade d'Italia. Curve, semafori e gallerie. Ma quando ci passano le corse, è tutta un'altra storia. Così belle che quasi non le riconosco più. Così pure che tutta la rabbia fa le valigie e ritorna in città. 

E non mi importa che dei due mari qui non ci arriva nemmeno il profumo. Ci andiamo una domenica al mare, ti porto a vedere lo strano effetto che fa. 

Di quel giorno m'è rimasta una borraccia, raccolta da terra davanti ad un bar. Ci metto i fiori che raccolgo per strada. Ci metto i pensieri che lascio a metà.

Oggi che tutto è diverso, è proprio tutto uguale a com'era.

Domani passa la corsa in paese e chissà che vento che tirerà.

lunedì 20 marzo 2023

Sul Poggio per loro

 

Dinham (caduto ad Imperia) ed Abreha sul Poggio. Questo il ricordo che conserverò un anno ancora

Tutto dimenticato in un attimo. Ti trovi lì, sulla strada ormai svuotata, con la sera che sopraggiunge rapida; la collina di Bussana Vecchia è illuminata mentre il Poggio è ormai in ombra. Quasi non sai perché sei lì, come se ti svegliassero all’improvviso da un pensiero che ti domina. Non è una sensazione gradevole, devo ammetterlo. Il primo pensiero va a tutta la strada che dovrò fare per tornare a casa, come se ci avessero catapultato all’improvviso laggiù e non ci fossimo arrivati con un viaggio lunghissimo, durato tutto il giorno. E’ la sensazione che provo tutti gli anni e che non cambia mai, ne conserva sempre lo stesso sapore, quello di chi si chiede se davvero ne valesse la pena, e mentre penso certe cose mi pare che gli altri leggano e capiscano i miei pensieri. Sino a che non arrivano Angelo e Francesco e si ricomincia a parlare, a ridere, a scherzare.

Forse la Milano Sanremo non è la corsa più bella da vedere, sicuramente la più complessa da fotografare, quasi impossibile da spiegare a chi non è stato con noi ad inseguirla. E’ un lungo viaggio che quasi sempre riserva delle sorprese, come quella di oggi, quando ci hanno bloccato strada e parcheggio programmato dalle parti di Potecurone, al confine tra Lombardia ed Alessandria. La coda in autostrada, o la frana, oppure chissà cos’altro, in trecento chilometri accade sempre qualcosa che mette alla prova i nostri nervi e le nostre abilità. Sono quasi sette ore inframezzate dai rapidi passaggi della corsa, sette ore che sembrano durare pochi istanti. Rimangono dei flash perché tutto viene interiorizzato, conservato chissà dove e chissà se tornerà mai a galla. Oppure torna proprio durante il viaggio, nelle lunghe chiacchierate in auto dove spesso capita di parlare degli anni prima. Lì avevo incontrato costui, laggiù era successo questo..

Come gli odori ed i luoghi, sempre quelli, che però ritornano solo una volta che sei davvero lì: la pelle che sa di sole a Novi Ligure e l’odore della pineta a Varazze mentre a Spotorno l’aria è intrisa di mare. Le persone che incontri da un anno all’altro e sembra averli visti ieri. Elia col papà che mi tengono il posto sulla scaletta che portava alle serre, oggi smantellate, al loro posto un prato incolto. Ha fatto un ingrandimento della foto che avevo fatto un anno fa e così gli ho chiesto un selfie. Una soddisfazione per me.

Quando passano Dinham ed Abreha so che tutto finisce. Finisce un mese fatto di corse da seguire e di rincorse per farci stare dentro tutto. Il lavoro, le attività, la famiglia e gli immancabili impegni dell’ultimo momento, ed è proprio in quell’istante che il tempo perde significato e mi ritrovo sulla strada del Poggio che si svuota rapidamente a pensare alla strada del ritorno. Mentre i due ultimi corridori passano capisco che è per loro che sono qui. Per quell’attimo che divide ciò che ho sognato da ciò che tornerò a sognare nuovamente. La prossima edizione.


venerdì 24 febbraio 2023

Il cassetto dei ricordi

 

La fuga della Milano Sanremo 2019 presso i Piani d'Invrea, ma io in Liguria non pedalavo da vent'anni



Il sole deve sorgere ancora quando arrivo a Voltri. Alcuni pescatori stanno sulla riva, mentre l'aurora colora il cielo. Odore di focaccia. Fremo. Tiro fuori la bici, aspetto ancora un momento e poi parto, non riesco più ad attendere. Sono vent'anni che non pedalo più da queste parti e adesso mi sembra di esserci stato ieri. Odore di salsedine, si parte. Gli scogli, il tunnel, la spiaggia di Vesima, Arenzano e poi la Colletta, sembrava più dura. Viaggio sulle ali dei ricordi e mi sembra di non fare fatica. Una volta mi pareva chissà cosa, mentre oggi sono sciolto, spedito. Più vecchio di vent'anni ma più allenato, più consapevole. Svolta, entroterra e la strada sale, l'aria si fa subito fredda. Le rampe verso Alpicella si fanno sentire, adesso si che si fa dura. Da lassù il mare sembra oro, controluce. Si torna, riviera, Piani d'Invrea, Arenzano e focaccia alla cipolla. Già si vede Crevari sulla collina, quella che una volta era la mia salita test. Salgo gagliardo, sono nel mio. Batto agile il me stesso di vent'anni fa. Poi due ultimi tornanti che proprio non ricordavo. Finita. La salita e la giornata. Si torna verso Voltri. Su quell'ultimo lembo di città dove tutto ha fine e tutto il resto ha inizio. Sembra rimasto tutto uguale a quando venivo quaggiù appena patentato con la 126 rossa di mia madre. Quel pezzo di spiaggetta, quanti ricordi. Laggiù quel baracchino, quello spoglio per l'inverno, fu lì che diedi il primo bacio. O forse no, pensai solo di farlo. Che importa, è passato tanto tempo. Tempo che non torna ed è bene che rimanga dove un giorno l'ho lasciato. È ora di chiudere il cassetto dei ricordi, non tornerò più qui, almeno per un po'.


Quel lembo di terra ed il baracchino



Quasi un viaggio nel tempo


La riviera è stupenda soprattutto d'inverno






mercoledì 12 ottobre 2022

Il Lombardia 2022 - Diversamente ultimi

di Francesco Bonasera
Paul Lapeira, ultimo al Lombardia 2022


Vincenzo Nibali e Alejandro Valverde. Enzo e Bala. Lo Squalo e l'Embatido. Sabato tutto il mondo, sportivo e non, era per loro. Almeno a Bergamo, Como e dintorni. Sulle sponde di un lago bello, bellissimo, e un po' assonnato, distratto da un'estate che sgambettava ancora. Per la loro ultima volta da professionisti, il loro ultimo ballo, la loro ultima firma d'autore, per le loro storie di podi e trionfi, di cadute dolorose e qualche occasione mancata.

Ultimi attimi di gloria per due che ultimi, forse, non ci sono arrivati mai.

E allora questa corsa, affacciata su un mondo che si perde nella paura di prendersi per mano, ci ha saputo regalare un'altra storia di ultimi, una di quelle che passa in disparte come un soffio di vento che accarezza le poche foglie morte di un anno impazzito.

Paul Lapeira, francese da leggere alla francese, e Lars van den Berg, olandese che corre però per una squadra francese. Dorsali 17 e 127, cioè gli ultimi nell'elenco delle rispettive squadre. Una trama di quelle che solo il ciclismo sa offrire.

Lapeira sale verso San Fermo leggero, da solo, sembra sereno. van den Berg lotta, fatica, inseguito come un'ombra minacciosa dall'ultima ambulanza del gruppo. Dal traguardo di Como li separano una manciata di chilometri e una discesa veloce. Io e Angelo li aspettiamo lì, in fondo a quel bivio lungolago che per qualcun altro ha voluto dire trionfo solo pochi minuti addietro.

Ripassa Lapeira. Leggero, da solo, sembra sereno. "Manca solo il francese", ci diciamo io e Angelo. Perché, da perfetta metonimia ciclistica, van den Berg soffre dell'anonimato degli ultimi e assume le sembianze della maglia che indossa. E rilotta, rifatica, ancora inseguito dalla stessa ambulanza minacciosa.

Ma arriva, arriva al traguardo. Arriva ultimo, arriva sicuramente stremato. Il tempo di un respiro, forse di un cinque alla mano del compagno d'avventura Paul, arrivato soltanto 2 minuti prima di lui. Ma dura solo un attimo la gloria, a volte anche per chi non indossa il numero 1. Perché, nell'arco di quei 2 brevissimi minuti, alla fine di 253 interminabili chilometri in sella a una bici, passava una linea sottile ma significativa anzi, spietata, tremenda. La linea del Fuori Tempo Massimo, OTL per gli anglofoni. Paul al di qua, Lars al di là. Con un responso impietoso: ultimo Paul, non classificato Lars.

Paul Lapeira e Lars van den Berg. Diversamente ultimi al Giro di Lombardia.
Lars Van der Berg - Diversamente ultimo al Lombardia 2022

venerdì 25 marzo 2022

Jos Van Emden

Jos Van Emden - Ricordo della Milano Sanremo 2022

 

Quando si è staccato sui Capi tutti hanno pensato che si sarebbe ritirato. Probabilmente lo ha pensato pure lui. Invece è passato davanti ai bivi di Cipressa e Poggio e non deve aver battuto ciglio, salendo del suo passo. Non è neppure arrivato ultimo a Sanremo, lasciando l'onere di chiudere la corsa a Vermaerke. Se consideriamo che ha quasi sempre tirato lui il gruppo, dalla periferia di Milano sino ad Alassio possiamo sicuramente affermare che quella del 2022 è stata la Sanremo di Van Emden.