sabato 19 novembre 2011

Le rane che saltano - Storia del Giro d'Italia 2001

Quella che segue è un breve racconto che pubblicai sul mio primo sito poco dopo la conclusione del Giro d'Italia 2001 e che ho riesumato da un archivio che andava ormai perduto.

Le rane che saltano nello stagno saranno sempre un po' per te.

E' finito il Giro d'Italia e si torna ai giorni soliti, senza più la compagnia dei corridori. E' passato solo poco tempo; quanto basta per cambiarmi dentro, per lasciarmi un po' intontito, un po' spaesato, come al passaggio del gruppo. Quello grande. E' passato poco tempo da quell'ultima volta che ti ho vista, quanto basta per abituarmi all'idea.


Giro a picco. Quella del 2001 fu un edizione particolarmente sfortunata.
La sera porta quiete, in questo posto, e dietro la collina, la nuvola si colora un poco. Sono confuso e cerco riparo nelle cose che conosco e racconto a te, perché è triste non raccontare a qualcuno. Se passa un chilometro passano poi anche tutti gli altri per arrivare a mille. Ed anche più, se si vuole. Seguire il Giro è facile se non si pensa, se non si riflette sui posti che si lasciano, se non ci si domanda cosa può accadere. Tra me e te è così che deve funzionare, adesso. Ti racconto allora di questo viaggio, tanto per lasciare qualcosa, tanto per non pensare alle rane, che immobili attendono un cenno per saltare.

Mi dico che se è passato un chilometro passeranno anche gli altri. Il Bondone non finiva mai. Tra i pascoli in cima, la strada, che si insinua e che non lascia respirare. E' stato bello, quella sera, lasciare andar via tutti quanti, e rimanere in quel posto per godere del silenzio, ed immaginare dietro a quelle nubi le rocce del Brenta che erano apparse la sera del mio arrivo.


Frigo cerca di difendere disperatamente la rosa sul Pordoi. Ferretti dalla macchina sprona Belli per garantire un aiuto al Biellese (macchè...)
Il Giro non si ferma. Non ha tempo di sostare in un posto per ammirarne la meraviglia, e forse non sai la meraviglia delle cose che si vedono in viaggio; questo incessante cammino che mi porta da una parte all'altra dell'Italia e che lascia poi un'insieme confuso di immagini, ed il dubbio di averne perse altrettante.

La confusione della gente in vacanza sul lago faceva un poco a pugni con tutto questo, quella sera. Le belle ragazze di Bardolino. Questa forse è l'illusione. Ma non c'è tempo per pensare, è troppo complicata la campagna di Sirmione, tra stradine che scavalcano le colline e che aggirano fattorie, e il cielo che si scurisce sempre più. La memoria porta a galla il resto, se non mi lascio illudere, ed allora penso allo sguardo sorpreso di un bambino che scopre quell'onda di colori e di rumori e che gli accende un sorriso, o lo sguardo curioso ed impaurito di un cane che per spavento abbaia al passaggio del gruppo.


Ricordo tutte quelle volte che tutto questo è capitato a me. Non so che cosa inseguo. Ne sento spesso l'odore, eppure mai riesco a raggiungerlo. Di sicuro non è tempo di fermarsi qua. Seppure la campagna sia una delle più belle che ho mai visto. Non mi avvicino più di tanto al pozzo. So che la rana salterebbe via. So che quel tuffo non sono in grado di affrontarlo. Il gioco che ti piaceva tanto era quello di avvicinarti in silenzio allo stagno per guardare le rane, per poi stancarsi fino a volerle fare saltare.

Simoni in agguato. Il Trentino emerge nella terza settimana.
La discesa della Fauniera è un salto nel buio. Prima le rocce grigie dell'alta montagna, che ogni tanto si aprono su un valico o su un dirupo. Poi i prati, fatti di corse di marmotte spaventate. Passa una, e poco dopo la segue il compagno. Per non lasciarsi nel momento del pericolo. Serve a questo stare insieme; è banale, ma oggi me lo insegnano le marmotte. La tappa è un salto nel buio. Il Giro non partirà. Forse non partirà neppure domani. Forse si ferma e non partirà più. Chiamo casa più e più volte. Voglio sapere di più. Voglio conoscere, prevedere. Mi chiedo dei posti che lo aspettano. Di quegli sguardi rivolti alla strada da ore. Non ci sarà stupore oggi, forse neppure domani.

Dario Frigo impegnato nella cronometro del Garda.

Niente più rane da far saltare. I salti saranno solo uno spreco di energia, se non possono farti sorridere. Le rane questo non lo sanno e si preparano comunque.
Sono poi arrivato tardi. Mi ha ingannato la giornata, il vento, non saprei. Non ho visto il passaggio del Giro, da questo campo di fieno già tagliato ed arrotolato; infine lasciato lì come un menhir. Lo sforzo più grande è quello di girare la moto e scacciare l'idea di inseguire il gruppo per stradine che in realtà non conosco. Sarà triste tornare a casa. Poi vedo un ragazzino con suo padre sul ciglio della strada, intenti a tornare verso casa. Gli chiedo del Giro, da quanto è passato – dieci minuti – mi risponde. Nello sguardo c'è ancora la confusione creata dal gruppo che spunta laggiù. Vedo nei suoi occhi il passaggio che ho perduto e tanto mi basta. Il Giro oggi è passato di qui ed il cuore si rasserena un poco.

Adesso è sera ed ogni passo è uno sforzo immenso, perché mi allontana dallo stagno. E’ finito il Giro d’Italia e si torna ai giorni soliti.

Non so, se poi, continuerai a far saltare le rane.

Ma la stradina della Fauniera attenderà per sempre quel passaggio...








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