venerdì 6 gennaio 2012

Ormai non ha più senso

La Domenica mattina d’inverno ti ritrovi a salire le crose solitarie e rosse di mattoni, immerso in un mondo senza alcun rumore. Il vento penetra tra le piccole ferite create dalle case, creando giochi strani di mulinelli e di risucchi. Quando il vento manca, dai bricchi scende l’inconfondibile odore della legna d’ulivo che arde. Dietro ogni angolo, dietro ogni immondo vicolo scuro, vive un ampia piazza, uno slargo inondato di sole. A pochi secondi da un ricco mercato siede solitaria una bagascia di sessant’anni, tra puzza di gatto e d’ogni genere di rifiuto. Se ci hai sempre vissuto sai di essere a casa, ma se in qualche modo ti senti fuori luogo, sai allora di essere a Genova.
Via XX Settembre nel pieno dei preparativi; erano i primi di Maggio nel 2004.

Nel 2004 il Giro d’Italia prese il via dalla mia città natale, che regalò un accoglienza entusiasta a quel prologo che ancora si ricorda come uno dei percorsi più spettacolari e meglio congegnati, nel pieno centro di una grande città. Grazie alle splendide immagini (Luxoro film) di quel giorno, ripercorro un viaggio strano, tra i meandri della memoria che mi riporta laggiù…

Il transito regolato in Caricamentro tra un corridore e l'altro sotto gli occhi attenti del vigile.
Sono andato via un pomeriggio d’Agosto, pensando che sarebbe stato soltanto per poco. Ad Agosto la città è una canicola e la stazione un piccolo inferno di gente e bagagli. Doveva essere per poco e rischia di essere per sempre. Inizialmente mi mancava ogni cosa, ma adesso una più d’ogni altra. Il forte vento che, nelle giornate d’inizio inverno, confonde tutta la città. Non puoi liberartene. Ne senti il soffio attraverso i più piccoli risvolti dei vestiti, ne senti la violenza sul viso, ne senti il rombo qualora ti rifugiassi in qualche locale. E’ strano ciò di cui d’un luogo ti porti dietro. Ho sempre pensato mi avrebbero potuto mancare gli amici, mentre mi trovo a cercare il sole in fronte al mare, senza mai aver perduto un orientamento inconscio che vuole che il monte sia a nord anziché a sud. E’ come se un mondo fosse ruotato e confondesse ora i più elementari segni di riconoscimento. Tornando, mi ritrovo ad ammirare il vecchio porto ed a cercare il grande scafo azzurro dell’Achille Lauro od i due fumaioli appaiati dell’Eugenio Costa. Nuove gigantesche navi ormeggiano a malapena sul vecchio molo dei Mille, adesso rimodernato.

Tutti sulla rampa in Via Fieschi sino alla chiesa della Consolazione.
Gli antici caruggi non vivono più come un mercato aperto in cui i colori delle arance sanno accendere gli inverni più freddi. Oggi altre lingue si odono, al passaggio in orridi pertugi, che terrorizzano gli ignari turisti spintisi oltre le vie più battute. Casomai, solo l’antico Mercato Orientale, in pieno centro città, sa mantenere vivo il meraviglioso confondersi di gente e di prodotti esotici. Dalle piazze alzi lo sguardo e scorgi le ville antiche abbarbicate sulle colline, sulla circonvallazione, che rimane quasi un mondo a parte, quasi un'altra città. La funicolare ha cambiato i vagoni, da anni, ma l’odore del grasso che avvolge i cavi è rimasto lo stesso. Così quell’odore riempie le narici appena si entra nella stazione: è acre ed allo stesso tempo familiare. Mi riporta indietro ad una mattina luminosa quando mi portarono sino al Righi a fare cumuli di pietre. Ne ricordo uno, più alto degli altri, che lasciai con grande rimpianto sul muretto che guarda la Valbisagno. Ne scorsi un ultima volta la forma, mentre velocemente venivo portato nella piccola stazione della funicolare. Lasciai li quel piccolo menhir con la promessa che la domenica successiva sarei ritornato, senza che invero accadesse mai più.

Come sul Mortirolo la genta incita tutti i corridori. E' un bagno di folla per una città generalmente chiusa.
Dovessi così scegliere adesso un posto dove ritrovare la mia genovesità forse sarebbe la passeggiata di Nervi, dove il mare rimbomba furente nelle notti invernali. Tra muretti, agavi ed il rombo del Tirreno, ci passai più d’una notte con amici e con gli amori d’allora. Quasi un molo per la partenza d’un lungo viaggio. Dove la gente che allora girava nel mio mondo, oggi è sparita per altre destinazioni ed altre strade. Saremo sempre noi, ragazzi d’allora, ogni volta che torneremo laggiù. Forse mai. Forse ormai, non ha più senso.
Tutti rivolti verso il podio ad ammirare la maglia rosa: il Giro è partito

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