venerdì 8 agosto 2008

Doping - voltiamoci indietro (per capirci qualcosa)

Oggi sull’ottimo “Forum dello scalatore” ho letto una vecchia intervista (1996) al medico preparatore Cecchini dalla quale ho ritenuto estrapolare questa frase e le seguenti considerazioni.
Da una intervista di Stefano Fiori su Tuttobici del 1996

Un dato di fatto che deve far riflettere è quello che, esaminando la classifica dei primi 20/30 migliori professionisti del mondo, questi sono tutti seguiti attualmente da un medico preparatore. Significherà pur qualcosa... Secondo me un professore ISEF svolgerebbe meglio il proprio lavoro nelle categorie minori, allievi e juniores.

E probabilmente in dodici anni ci si è riflettuto poco su questo “dato di fatto” che a leggerlo ora significa davvero molto….
Dopo la lettura di questa interessantissima intervista, a dodici anni di distanza e, quindi, con una visione lucida di quel tempo e di quei protagonisti, sono sempre più convinto che tutte le attuali difficoltà del ciclismo dipendano certamente da un ritardo di presa di coscienza ed ancor più da un “buco” politico grosso come il polo sud.
Quando l’UCI tornerà ad essere il legittimo organo politico super partes che dovrebbe essere, abbandonando l’idea di fare l’organizzatore, e si concentrerà sul problema tecnico alla base dello sport tutto, le cose non potranno che migliorare.
Il problema da affrontare è tecnico e neppure riguarda la lotta al doping, che si potrebbe delegare alle varie Agenzia Francese, Wada, CONI.
Quale problema tecnico? Leggete bene la frase sopra.
In pratica un medico di medicina dello sport con passione per la preparazione sportiva si sostituisce a preparatori ISEF. Vi sono almeno due grossi problemi su cui lavorare.

1) Evidentemente i preparatori non sono abbastanza preparati. Mancando di preparazione non riescono a contrastare l’ingerenza del medico sportivo e pertanto perdono autorità e lavoro.
2) Il medico rimane sempre un medico. Ad un problema di prestazioni il medico risponde con medicinali e terapie. Il medico antepone comunque l’aspetto funzionale a quello sportivo.

Il disinteresse dei dirigenti internazionali ha portato ai disastri che oggi abbiamo davanti agli occhi. In questo senso gli atleti sono l’ultima ruota del carro. In questo senso sono stati lasciati soli davanti alle loro scelte ed ai loro errori.
L’anomalia non risiede nel fatto che i ciclisti professionisti si dopano (sempre accaduto, come d’altra parte in tutti gli altri sport), ma nel fatto che sono costretti a farlo.

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