Le mezze parole di Cunego durante la conferenza stampa del dopo gara, quel gesto istintivo sul traguardo la dicono lunga. A meno quattro dal traguardo, superata la salita dei Ronchi, il Veronese già si interrogava sul profumo che avrebbe avuto la maglia iridata, al momento di indossarla sul podio. Poteva vederla quella maglia, da quanto era vicina; ne sentiva il tessuto, riusciva persino a sentire le cuciture sotto i polpastrelli. Era il più veloce del gruppetto di superstiti che un percorso complicato aveva selezionato ed il suo cuore era gonfio di gioia mista ad una sana adrenalina che quasi gli toglieva il respiro. Non ci è dato sapere se in quelle fasi concitate di gara si fosse decisa una strategia tra i tre azzurri in fuga. Non sappiamo se i loro sguardi si siano incrociati, se si siano mai sussurrati una mezza frase. Cunego era il più veloce del drappello e disponeva di due potenti passisti; Ballan, compagno di squadra, per tenere alta l’andatura e Rebellin, grande saggio della Nazionale, per tirargli la volata. Non avrebbe potuto chiedere di meglio. E’ per questo che quando Ballan è partito lui per primo ha subito capito che quell’azione avrebbe potuto chiudere la corsa. Lo ha capito pure il pubblico sugli spalti del cycling stadium che ha gridato quella gioia incontenibile che metteva i brividi addosso. Ma il pubblico chiedeva soltanto un azzurro. Non vi era distinzione se non di colore. Dopo aver visto la Spagna giocar sporco tutto il giorno e la Squadra sacrificarsi per rendere dignitoso un Campionato del Mondo per tre quarti squallido, il pubblico chiedeva soltanto un azzurro. Per Cunego però l’azzurro ha tante sfumature, e lo capiva che quello davanti filava come un treno. Lo capiva che i suoi avversari erano finiti e sentiva il cuore sgonfiarsi ad ogni pedalata. L’adrenalina era ghiaccio. E di ghiaccio sentiva il sangue, che non scorreva più. Come il tempo, che su quel podio non passava mai. La maglia, le medaglie, l’inno, i saluti. Quanto può essere lungo un rimpianto? “Questa è una corsa che si corre una sola volta l’anno e può sorridere forse una sola volta nella vita.” Lui era davanti anche nel 2004, nella sua Verona, quando Ballerini chiese la volata a Paolini anziché a lui. E’ la seconda volta che un Mondiale gli sorride. Di un sorriso amaro, ambiguo, forse addirittura provocatorio. Quasi sfidandolo ad una reazione. Perché Damiano ancora non lo sa, ma quella maglia vuol farlo soffrire.
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