lunedì 1 giugno 2009

Il Giro... a modo suo

Menchov ieri non ha soltanto conquistato il Giro d’Italia. Ieri il Russo ha conquistato tutti gli Italiani. Era la prova che mancava. Quel suo stile impeccabile, quel suo rispondere puntuale e determinato ad ogni scatto di Di Luca, non lo aveva reso per nulla simpatico. Pur facendo il suo mestiere di maglia rosa, si era forse calato troppo nel ruolo; imbattibile ed inattaccabile. Antipatico. Un bel grattacapo per gli avversari e soprattutto per Di Luca che, di tappa in tappa, sembrava sempre più nervoso ed a corto di idee. Persino ieri, a Roma, nell'ultima cronometro, Menchov stava "esagerando". Non gli bastava garantirsi il risultato “grosso” (la maglia rosa), si stava anche andando a prendere la vittoria di tappa. Lo stava facendo sotto una pioggia battente, alla faccia del selciato scivoloso e, soprattutto, alla faccia di Di Luca, che si era presentato al via con la bici tradizionale, proprio per paura di scivolare. Che figuraccia adesso, pensava Di Luca, guardando il Russo danzare sulle pietre di Roma. Ed ecco che... “patapunfete”. Eccolo lì, il gigante Russo, seduto come un burattino, sulle pietre di Roma, a soli settecento metri dall’arrivo. La bici che gli scivola via. Lui che scivola dietro la bici, che cerca disperatamente di recuperarla con le mani protese in avanti. Patapunfete. Attorno a lui nessuna pietà. C’è chi esulta, c’è chi gufa, c’è chi strofina il cornetto. C’è chi ride. Ed il burattino Menchov è lì. Un attimo, ma eterno. E’ lì che il mondo gli cade addosso, e vorrebbe mettersi a piangere, ad urlare dalla rabbia. Vorrebbe prendere il primo che gli capita sotto e riempirlo di testate. Vorrebbe scomparire. Eppure è lì, e non c’è modo di aggirare il problema. Eccolo che si alza. Ecco che rincorre la bici. Che la prende in mano, la maledetta bici. Lo fermano, gliene passano una nuova. Si mette in sella. Ricomincia a pedalare. Il pedale non si infila, ma se ne frega, insiste, lo infila a forza, spinge. Spinge. Spinge. Arriva. E solo allora si compie il miracolo. Menchov perde il self control. Perde la corazza da Russo e diventa un poco… Italiano. Urla, sbraita, sventola i pugni al cielo. Vorrebbe saltare... e quasi lo fa. Vorrebbe danzare... e quasi lo fa. Vorrebbe ridere, e ride. Vorrebbe piangere. Perché? Non lo sa. Sarà che arrivare sin qui è stata dura, e che questa sua maglia, adesso, ha più senso di prima. Non c’è più l’ombra di Di Luca, ma solo tanta gioia che gli fa allargare gli occhi, e stringere forte i pugni, e gli fa dire che c’è, che è lui ad aver vinto il Giro e che, cazzo, c’è modo e modo di vincerlo, ma che questo modo è tutto suo.

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