lunedì 31 maggio 2010

Finisce l'era Simoni (dieci anni dopo)

Colle dell'Agnello 2000. Comincia al Giro l'era Simoni.
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Era l'anno duemila e Casagrande era in rosa. Un rosa tenue, troppo tenue per poter durare. Già superate le Dolomiti s'era scoperto che quel Giro non aveva padrone. A Casagrande, che nella sua terra aveva dominato con una grande tappa sull'Abetone, sfuggivano corsa ed avversari. Uno dei più attivi era stato un Trentino, che già si era segnalato nel Giro dell'anno prima. Gilberto Simoni.
Era l'ultima grande tappa in linea di montagna ed in quattro erano racchiusi in pochi secondi: Casagrande, Garzelli, Simoni e Belli. Davanti a loro il Colle dell'Agnello e l'Izoard prima di Briancon. Salite terribili ed interminabili.
Era l'anno della laurea, ma il grande appuntamento era con il Giro d'Italia. A soli due giorni dall'altro appuntamento, quello con la Commissione. Il Colle dell'Agnello mi aveva lasciato a bocca asciutta nel 1995, quando s'era negato per la neve. Così tornai.
Quella mattina il cielo era dipinto, ma improvvisamente, poco prima del passaggio dei corridori, si chiuse, al passaggio di una nube troppo bassa. Fu nebbia e freddo: quasi all'istante.
Davanti un Colombiano fasciato di verde aveva aperto la corsa. Poi giunse Simoni con Lanfranchi con qualche decina di metri di vantaggio sul gruppetto della maglia rosa.
Quella corsa fu poi memorabile per la rinascita di Pantani sull'Izoard. Dopo venti tappe corse in coda, Pantani tornò per un giorno Pantani, giusto per annunciare ciò che, di lì ad un mese, avrebbe fatto al Tour.
Quel Giro segnò l'inizio di un era. Quella di Simoni. Era ancora acerbo il talento del Trentino, ma sarebe maturato molto velocemente. Simoni avrebbe poi vinto il Giro l'anno successivo. Poi di nuovo nel 2003. Poi una serie impressionante di piazzamenti sul podio. Giusto per caratterizzare un decennio. Nel bene o nel male, tra sfuriate furibonde e sorrisi placidi, Simoni ha saputo sostenere il ruolo del padrone.
A me non è mai piaciuto molto. Ho sempre preferito altri corridori. Ma non riesco a trovare un difetto nel suo modo di correre. Concreto, forse non esaltante, ma efficace.
La sfida più bella? quella con Cunego, giovinastro che gli soffiava il posto. La tappa più esaltante? quando attaccò Cunego, compagno in maglia rosa.
La sua rosa.

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