Ventisette settori di pietre e fatica. Tanto basta per sognare. Domenica si correrà la Parigi Roubaix, una corsa mitica, la cui fama ha ormai raggiunto gli angoli più remoti del Mondo. Roubaix è un sobborgo di Lille, eppure più famosa di Lille, proprio perché è approdo della corsa delle pietre. Disertata da chi punta alle classifiche dei grandi giri a tappe, non ha mai perduto il suo fascino. Semplicemente è la Regina delle Classiche e chi la vince merita onore e gloria. Non solo; chi la vince entra in una dimensione che va oltre il ciclismo e si aggancia al mito che quelle pietre trasmettono. Allora chi la vince questa corsa? Dopo un Fiandre al cardiopalma è lecito attendersi una resa dei conti da parte di tutti quei grandi campioni che sino ad ora sono rimasti a bocca asciutta. Fabian Cancellara su tutti, visto che se ne fa un gran parlare, ma che sino ad ora ha soltanto raccolto le briciole. Lo Svizzero ha certamente la gamba giusta, ma non ha la stessa squadra dello scorso anno. Ricordiamoci che la Saxo gli spianò la strada eliminando uno ad uno gli avversari, ed è lecito pensare che la bruciante sconfitta di Domenica scorsa possa essere addebitata anche all’isolamento in cui Cancellara si è trovato dopo il Kwaremont. Se Cancellara vuole vincere la Roubaix deve trovare il modo di selezionare i migliori sin da Aremberg. Boonen e Chavanel sono due personaggi da tenere d’occhio. Il Francese più del Belga. Accreditiamo poche chance a Nuyens mentre ne vogliamo dare parecchie a Ballan che potrebbe farci sognare: E’ ormai dodici anni che non vinciamo questa magica corsa e sarebbe ora di risalire sul gradino più alto. Peccato che Ballan debba arrivare da solo nel velodromo. Su Pozzato meglio sorvolare. Ma la Roubaix va oltre il suo vincitore. La bellezza dei paesaggi, la tensione agonistica, il pubblico famelico e la magia delle pietre sono sufficienti per godere di uno spettacolo unico al mondo. Tutto comincerà a Troisville, peasino sperduto nella campagna del Nord, attorno a mezzogiorno e mezza. Due case ed un bar, svolta a sinistra e si entra nell’inferno. Il primo settore è piuttosto semplice (mbeh) ma già il terzo fa paura. Si imbocca a Quievy, tra due case, e si infila nei campi. Una svolta a destra cattiva a metà settore e la strada che sale inesorabilmente fino in fondo. Avete mai visto una Roubaix? Già a questo punto la selezione è tremenda. Le pietre si susseguono di segmento in segmento ma la vera selezione la fanno Haveluy ed Aremberg. Se Haveluy è poco conosciuto (ma faccia un male cane), Aremberg è un vero e proprio mito. La foresta. Il viottolo immondo che la solca. La folla ai lati, ed i corridori che si infilano ovunque pur di non transitare su quelle pietre maledette. Nel 1998, in una caduta, il grande Musseuw quasi perse una gamba. Dopo Arember quest’anno cambia il percorso, si tira dritto e si solcano due nuovi settori di pavè. Questa modifica consente più continuità alle pietre e si giunge praticamente in linea retta alla città di Orchies. Da Orchies in avanti viene fuori il vincitore. Due tratti terribili infatti introducono il peggio del peggio di questa corsa. Auchy les Orchies è lungo e brutto, con diverse curve a gomito, dove la velocità scende e dove bisogna aver gambe per rilanciare. Subito dopo Mons en Pevele. Forse il segmento più cattivo, certamente il più lungo. Il pavè si sussegue praticamente senza sosta sino a Cysoing, dove si entra nell’ultima, decisiva, parte della corsa, sino al mitico Arbre, settore tra i più malandati, immerso tra i campi senza fine di una terra che si allunga piatta verso l’Oceano. Ventisette preghiere e lacrime amare per i corridori. Ventisette viottoli dimenticati per un anno intero. Ma crocevia di una amore più grande per un giorno.
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