I lunghi viali Lombardi "attizzano" la voglia di fuggire |
Davanti l’aria diventa un muro e le gambe non ce la fanno più. Chilometro dopo chilometro la fatica aumenta e non si trova modo di smaltirla. Pochi punti di riferimento; tanta, troppa pianura. Il Turchino è un gigante; la valle è stretta ed il vento è contrario. Gli strappi tra Arenzano e Savona sono frustate dolorose ai polpacci. Davanti è dura perché il vantaggio non da alcuna speranza e continua a scendere. I pazzi che vanno in fuga, lo sanno soltanto loro quel che costa, un’azione del genere; eppure la gente a bordo strada si entusiasma al loro passaggio e si scompone cercando per loro un gesto od un incitamento che possa in qualche modo regalar loro un metro di strada. I fuggitivi sono delle perfette staffette della corsa che arriva e che, di chilometro in chilometro, diventa sempre più attesa. Loro sono fuori dalla corsa vera; quella dei “grandi”.
Non è facile evadere in una corsa così importante. Tutti vogliono essere protagonisti |
Troppo piccoli, al cospetto dei giganti del pedale, che dietro, sonnecchiano nella pancia di un plotone talmente compatto e veloce da sembrare un treno. Loro, davanti, si inarcano ad ogni piccolo dislivello e ondeggiano le loro spalle quasi cercassero un modo di scrollarsi un peso dalla schiena; quanto è lontana Sanremo! I pazzi che vanno in fuga corrono una gara che finisce quando quella dei campioni deve ancora cominciare, e per loro la speranza di durare sino all’inizio delle riprese televisive è talvolta l’unico appiglio per non mollare tutto. La loro corsa è invisibile ed è fatta anche di una ricerca interiore di stimoli. Partono per arrivare sul Turchino, si buttano per primi in Riviera, cercando di raggiungere Savona. Imperia è maledettamente lontana e Sanremo non esiste neppure nei loro pensieri. Saltano Capo Noli mentre la gente riemerge dalle tavole e si butta in strada per vedere il passaggio. Laigueglia è il traguardo successivo ma il vento aumenta; Capo Mele è una rampa micidiale ed Imperia è ancora troppo lontana. I pazzi che vanno in fuga non sentono neppure le urla dei tifosi sulla strada ma si accorgono che al loro passaggio la gente fa scattare i cronometri, e a loro pare quasi un gesto di sfiducia, pare quasi che si scommetta sul destino di quei minuti che erano riusciti ad accumulare con tanta fatica; erano addirittura più di venti sino a poco prima e adesso sono poco spiccioli, talmente pochi da averne vergogna. I pazzi che vanno in fuga si inventano strane funzioni matematiche per cercare di capire quando verranno ripresi; fanno calcoli sui chilometri da fare e quelli già fatti, interrogandosi di continuo riguardo al momento in cui vedranno il gruppo arrivare da dietro.
Il peso della corsa è per lunghe ore tutto sulle spalle dei fuggitivi. |
Si chiedono se riusciranno almeno a tenerne le ruote. Quando le macchine e le moto li sorpassano sanno che manca poco, e si voltano. In quel momento, e solo in quello, ricordano allora tutti i volti di chi li ha applauditi, e di chi li ha aspettati sulla strada. Il gruppo sfreccia troppo veloce per tentare di infilarsi dentro, quasi che gli si neghi la possibilità di respirare a ruota, ma nei loro occhi c’è ancora tutta quella gente che sul Turchino urlava ed urlava, c’è ancora il grido di un ragazzino che si confonde al gesto di un anziano diventando un unico straccio di memoria.
I pazzi che erano andati in fuga rimangono così soli, e non vedono più neppure la coda del gruppo; è un continuo sorpasso di ammiraglie. Vorrebbero allora tornare indietro e cercare di ascoltare ancora una volta tutte quelle grida, di vedere ancora una volta tutta quella gente che era sulla strada e magari allungare il braccio per ringraziarli di tutto quell’affetto. Vorrebbero provarci ancora e spendere meglio le loro energie, per arrivare ancora un po’ più avanti. Sono stati davanti alla corsa tutto il giorno e adesso la distanza non fa più paura. Sanremo è ancora troppo lontana, ma a questo punto, a loro, non importa davvero più nulla.
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