C’erano le sere dell’inverno che andava finendo, quelle
nelle quali sentivi il soffio caldo d’un vento che allora veniva dal mare; poi
col tempo ho imparato a riconoscere lo stesso vento venire dagli Appennini, una
volta cambiato mare. Era così che amavo passare quei momenti, tra i filari d’una
vecchia vigna che aveva piantato mio padre e che io stavo per togliere. Di quel
gesto ne sentivo la responsabilità. Lo stare ad indugiare nella vecchia vigna
mi aiutava a fissare bene nella mente tutti quei dettagli che non avevo mai
notato: un palo che mancava oppure la linfa che sgorgava dai tranci. Erano le
serate che precedevano la Milano Sanremo e che mi riportavano all’aperto. Di
quelle sere ad un certo punto persi traccia. Non che non le abbia più cercate,
semplicemente è così che cambia la vita. La vecchia vigna oggi non c’è più. In
un altro tempo, in un altro luogo ritroverò i tralci potati allineati a terra raccolti
a fasce. Simbolo dell’attesa, ed allo stesso tempo della inquietudine di
ricominciare. Portane a casa almeno una, di fascia, prima che il contadino le
venga a bruciare. Ci scalderemo casa, oppure ci cuoceremo nel vecchio forno. La
primavera sta per ricominciare.
2 commenti:
Si ricomincia...
si Angelo, si ricomincia. Adesso sotto con lo studio delle strade, perchè voglio proprio divertirmi!
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