Il museo del tempo perduto si trova a Montefranco (Umbria) |
Maggio scorso. Sto precedendo la settima tappa del Giro d’Italia.
Una giornata grigia, che quasi promette pioggia; dopo aver attraversato il
Lazio sono in Umbria, dalle parti delle cascate delle Marmore, ed è primo
pomeriggio. Mi fermo in un borgo tranquillo, Montefranco, per un panino, o
qualcosa di più, a seconda di ciò che troverò. La corsa è lontana e c’è tempo
per godersi il luogo: il paese è una meraviglia, affacciato sulla valle del
Nera, torrente che alimenta le Marmore. Gli abitanti sono già in strada, chi
al bar, chi affacciato alla balaustra del belvedere, e chi ancora in piazza;
il ciclismo da queste parti non è una novità, se ne sono visti di passaggi
della Tirreno Adriatico, ma il Giro d’Italia è un'altra cosa e da qui è da un
po’ che non passa. Riordino le idee, scatto qualche foto, e decido di
fermarmi per attendere la corsa. La tappa è di quelle già scritte, con arrivo
adatto ad una soluzione allo sprint, e non ha senso perdersi nella bolgia del
finale. E’ così, tra un pensiero ed un altro, che scorgo una bottega; non
capisco se si tratti di un negozio od un piccolo museo, in quanto ad aspetto è singolare.
Decine di fotografie appese alle pareti, coppe sui ripiani, ed una bella
motocicletta d’epoca esposta quasi ad occupare tutto lo spazio disponibile. C’è una
donna anziana, che attende chissà chi all’ingresso. Forse, penso adesso,
attendeva me. Le chiedo di quale mostra si tratti e lei, senza indugio, mi fa
entrare in un mondo che non c’è più, fatto di ritagli, di storie antiche e di centauri.
Questa bottega apparteneva a suo marito, appassionato di motociclette, che
aveva corso su strada ed aveva organizzato gare che transitavano o terminavano in paese. L’emozione
della donna, nel raccontare queste storie, era candida ed estremamente
commovente. Giunse anche il figlio e chiesi loro di scattare la fotografia che
ho pubblicato in alto. Quello che non era un negozio lo
ribattezzai il museo del tempo perduto quando, la sera stessa, scrissi il mio
articolo per Pezcycling, e delle tante storie vissute dietro il Giro, quella di
quel giorno, rimane la più intima.
2 commenti:
Che meraviglia.
:-)
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