Olbia. Con la o stretta. Forse da rileggere. Dove passeggiando per Corso Umberto I, in leggera discesa, si vedono in lontananza le navi attraccate al porto, come parte integrante del panorama. Palazzo, ponte, banchina, profilo di un promontorio e ancora palazzo, tutto incastonato, senza soluzione di continuità, in perfetta prospettiva. È una convivenza equilibrata, un mare tutt'uno con la terraferma, che qui è isola. Alla fine della discesa c'è la partenza del Giro, tappa 2 dell'edizione numero 100. Il pubblico comincia lentamente a popolare bordostrada, seduto sui muretti e sui davanzali esterni delle finestre, che formano quasi una tribuna naturale. Oppure in piedi, col giornale aperto in mano, che scruta a tratti il cielo grigio, da cui scende fastidiosa qualche goccia non proprio attesa.
Olbia è tutta lì, riversata sulle sue vie più popolari e da scoprire nelle sue stradine più intime. Dove passeggia la signora Rina, tanti anni e tante storie nate e cresciute intorno alla Chiesa di San Paolo. Un barocchetto sardo che è un po' la sua seconda casa ed è anche un riassunto di storia cittadina, dalle origini romane alla distruzione della peste, fino alla recente cupola variopinta che emerge, anche lei isola, in un mare di bianco.
Dal lato opposto del corso, una vetrina addobbata di rosa invita a dare un'occhiata all'interno. Ed è un interno goloso, dove ruote e Giri decorano i dolci tipici - e buonissimi - dell'Ogliastra. E poi i fiori, anche di mattina presto, esposti con cura e accoglienti, sospesi fra un caffè abitudinario e la stazione dei treni.
Olbia ha il carattere educato e discreto dei Sardi, è piena di storie che negli anni ha accolto a riva e che oggi vivono nei suoi spazi nascosti, da cercare con curiosità. Il Giro, lì accanto, a pochi metri, è una trama ogni giorno nuova. Imprevedibile, ma rassicurante. Che penetra fra le maglie della quotidianità e si intreccia con le paure e i sorrisi della gente. Non c'è un finale scritto e non c'è mai neanche una partenza rilassata. C'è la fretta di andare e il momento da saper cogliere, con le gambe e con gli occhi. Quegli occhi che a Olbia guardano lontano e sanno apprezzare.
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