venerdì 1 giugno 2018

Giro 2018 - La mia Africa



La lunga discesa (a piedi!) dalla cima del Colle delle Finestre ha lasciato tempo ad Angelo, Carlo, Eloise e me di parlare un po’ di tutto, ed in particolare della tappa che ancora in corso continuava a riservare sorprese. Poi, giunti a Susa, leggendo le dichiarazioni di fine corsa ci soffermiamo su quella di Froome, che confessava come lo sterrato del Finestre gli avesse ricordato le strade sulle quali aveva cominciato a pedalare, in Kenya. Forse studiata (conoscendolo), forse spontanea, quella frase mi ha avvicinato un po’ di più alla storia di questo corridore che ha radici fortissime, ma ben celate, con la terra di origine. 

E’ curioso come il ciclismo abbia consegnato alla sua storia il primo campionissimo africano scegliendo un uomo di colore bianco latte, pallido, quasi che uno sport così tradizionale e chiuso non abbia voluto sbatterne in faccia alla sua gente uno dalla pelle nera e dai capelli crespi. Bianco, biondo e con gli occhi azzurri era più rassicurante, tanto che in questo modo non ce ne siamo accorti prima. 

Non ce ne siamo resi conto sino a che lui stesso non ce l’ha detto, che l’Africa si trova a duemila metri di quota, tra muri di neve, su una strada militare sterrata che conduce in cima al Colle delle Finestre, in Italia, sulle Alpi. Non sapremo mai davvero se Chris Froome è stato onesto, e se sulla strada che porta al colle si sia veramente ricordato del Kenya e delle sterrate di laggiù, ma è certo che quel giorno si è apprezzato un ciclista mai visto prima, passionale, che pur continuando a calcolare ha messo in gioco la propria reputazione, regalando a tutti coloro che erano saliti a piedi od in bici (altro modo non c’era!) una giornata indimenticabile.

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