venerdì 25 gennaio 2019

Il giro d'Italia in 50 giorni / Seconda Parte

Uno degli ultimi giorni del viaggio, intorno a Padova (foto di Francesco de Luca)

(segue dalla Prima Parte...) 

Il viaggio, il racconto e le foto di Francesco de Luca (giugno / luglio / agosto 2018)



Il tuo è stato un viaggio in solitaria, ma paradossalmente sociale: hai interagito con la gente dei posti che hai visitato, hai fotografato e scritto qualcosa durante questi 50 giorni. Parlaci un po' del confine fra esperienza personale e condivisa.
Che dire, penso di aver utilizzato al massimo delle mie possibilità gli strumenti che avevo a disposizione, cioè una semplice fotocamera compatta e una connessione ad internet.
Non sono né un bravo fotografo né un bravo scrittore, ma provo un immenso piacere quando riesco a trasmettere, anche in piccola parte, quello che ho provato in una situazione o giornata speciale.
Per questo viaggio ho scelto di postare il tutto sul mio profilo Facebook.
Penso che buttare due semplici foto sui social sia inutile e qualunquista, ci sono un'infinità di bravissimi fotografi e un'altrettanta infinità di luoghi che mai renderanno giustizia in foto.
Penso la stessa cosa della descrizione quotidiana di un viaggio/vacanza in cui di solito ci imbattiamo: "Molto bello, non potete capire, il paesaggio è fantastico, sono tutti gentili, fa caldo, sudo, non potete capire, sono felicissimo, fantastico!!".
Grazie, molto gentile e personale, soprattutto utile ad arricchire la giornata di qualcun altro.
Queste sono le mie idee di base quando si parla di social, per questo ho sempre cercato di narrare ciò che ho vissuto ogni giorno in modo personale e reale, ricorrendo a quello che ritengo un ottimo strumento biografico: l'autoironia.
Le foto erano un tentativo di rendere più partecipi i lettori, poiché è più facile narrare e trasmettere attraverso le parole che attraverso le immagini (specialmente quando le tue abilità fotografiche rasentano lo zero assoluto), e un chiaro esempio di questo sono i libri: un bravo autore, insieme ad un lettore fantasioso, può plasmare qualsiasi paesaggio a suo piacimento, arricchirlo di sentimenti, sensazioni ed emozioni.
La fotografia è uno strumento eccezionale e stimo moltissimo i fotografi che riescono a trasmettere tutto questo attraverso uno scatto, la ritengo una cosa difficilissima da attuare.
Ma anche loro, i professionisti, prima della foto sono lì, vivono il momento, ne assaporano le sfaccettature e poi, dopo averne capito il gusto e l'odore, provano a riprodurlo attraverso ciò che è la combinazione perfetta tra la luce della natura e l'ingegno dell'uomo: la fotografia.
E io ero lì, in ogni luogo ed in ogni momento, per me in primis.
Assaporavo e assaggiavo qualsiasi attimo, a volte ubriacandomi con esso, per poi provare a proporre lo stesso effetto ai miei pochi lettori.
Spero di esserci riuscito, almeno in piccola parte.


Il profilo della Basilica di San Francesco ad Assisi (foto di Francesco de Luca)

Dalle mie parti, nella Tuscia, si incontrano spesso cicloturisti stranieri - in particolare olandesi -, in solitaria o in gruppo, che pedalano lungo la via Francigena. Tu hai incrociato altri che stavano facendo la tua stessa esperienza?
Sì, ho avuto il piacere di incrociare diversi cicloturisti per tutto il paese, anche se con ovvie e intuibili concentrazioni specifiche.
La prima volta è capitato sul lungomare della Puglia, dopo circa una settimana o poco più di viaggio; un ragazzo di non so quale nazionalità stava pedalando nella direzione opposta alla mia, stava andando "sù", verso il nord.
Semplicemente ci siamo scambiati uno sguardo, ho intravisto la sua bicicletta carica come un mulo e il classico modo di fare di qualcuno che viaggia e ha piacere di farlo: curioso, con lo sguardo che rimbalzava tra il paesaggio e la gente come fa la luce su uno specchio.
Un reciproco sguardo d'intesa, carico di rispetto, consci del fatto di essere più vicini di altri anche se perfettamente sconosciuti, accomunati da qualcosa di universale come la curiosità e la fatica: un attimo ed eravamo già amici, con interessi e obiettivi comuni ma, nonostante ciò, abbiamo continuato a pedalare.
L'intesa e il rispetto è qualcosa che ho facilmente scambiato, e ricevuto in cambio, da ogni ciclista che ho incontrato in giro per l'Italia: stessa strada, stessa fatica, stessi obiettivi, un mutuo rispetto senza proferire parola alcuna; lo trovo fantastico, mi metteva di buon umore, è qualcosa che ho amato.
Ricordo una coppia di francesi, marito e moglie, vicino Trieste: entrambi avranno avuto facilmente più del doppio della mia età ma eccoli la, sulla strada, sotto il sole cocente.
Ricordo due ragazzi in Valle d'Aosta: avevo percorso Torino - Aosta il giorno prima, e quel giorno ero in "discesa". 
Ricordo i loro sguardi, le loro fronti sudate e il loro volto, in viso lo stesso gruppo di elementi che il giorno prima indossavo io su quella stessa strada, nella stessa situazione; ricordo il mio saluto silenzioso, con la mano che a malapena si staccò dal manubrio vibrante per la velocità raggiunta in discesa, ricordo il mio cenno silenzioso del capo e l'espressione sorridente e automatica che stava a significare "avanti, ci sei quasi".
L'unico "vero" incontro l'ho avuto con Simone, un ragazzo come me, a Monterosso al Mare, in Liguria.
Simone aveva la mia stessa bicicletta, buona parte dell'equipaggiamento uguale al mio e la stessa mentalità avventurosa.
Il suo obiettivo era Santiago, con partenza da Roma, a quel tempo era in viaggio da una settimana o poco più; io da almeno 5 settimane, ci siamo guardati e analizzati per pochi secondi, poi la magia: ci siamo scambiati consigli di viaggio e racconti sulle avventure vissute, abbiamo suonato insieme (entrambi eravamo forniti di piccoli strumenti a corde, un "guitalele" per me e un classico ukulele per lui) e infine abbiamo cenato assieme dividendo il cibo.
Ho continuato a seguire la sua avventura grazie a Facebook e so che è riuscito a compiere il suo viaggio come sperava.


La bici di Francesco di fronte al Colosseo, anche Roma è conquistata (foto di Francesco de Luca)

Hai in programma qualcosa di simile in futuro, magari da qualche parte in Europa, o questa rimarrà un'esperienza unica?
Mi piacerebbe viaggiare nuovamente utilizzando il metodo chiamato "cicloturismo", anche se non mi sono mai piaciute troppo le etichette: sono artefici di limiti precisi e ci impongono set di azioni, oggetti o comportamenti specifici, al di fuori dei quali non stiamo più praticando ciò che abbiamo scelto; un viaggio è un viaggio, il mezzo non è così importante, le esperienze e la forma mentis lo sono, invece.
Comunque qualcosa di simile, come durata e strada percorsa, non so se sarà mai replicabile: ho avuto circostanze molto favorevoli e una volontà ferrea, che ugualmente mi ha imposto scelte non semplici; questi due sono i fattori che mi hanno permesso tutto ciò. 
Diciamo che un paio di viaggi piuttosto precisi per il futuro li ho già in mente da tempo, ma non so se e quando prenderanno forma: Norvegia, dal sud a Capo Nord (è un paese fantastico, dove è permesso il campeggio libero e con strade e paesaggi mozzafiato) e Venezia - Monaco (attraverso l'itinerario München - Venedig).
Posso anche dire che non mi sento minimamente legato, come ho già detto sopra, alla bici come mezzo di trasporto: questo viaggio potrebbe rimanere unico nel suo genere e, ugualmente, restare un'occasione irripetibile e comunque fantastica, un'esperienza di vita.


Due momenti del viaggio in Abruzzo: riposo a bordo strada e in cima al Corno Grande del Gran Sasso (foto di Francesco de Luca)

Quanto è bella l'Italia e quanto è bello viverla con questi ritmi lenti?
Molto bella, semplicemente.
Il mondo è pieno di paesi fantastici, ognuno unico per una o più ragioni, ma penso che l'Italia sia qualcosa di eccezionale, secondo entrambi i significati del termine: irripetibile e fantastico.
Posso affermare che l'Italia è piena di paesaggi spettacolari, luoghi isolati ma degni essere fotografati ed esposti in grandi mostre, strade mozzafiato e spazi sconfinati.
Oggi siamo abituati a viaggiare velocemente, a coprire grandi distanze con mezzi molto rapidi, partendo dal punto A e arrivando al punto B.
Questa di per sé non è una cosa negativa, poiché ad oggi abbiamo possibilità di spostamento che fino a pochi decenni fa erano impensabili.
La cosa veramente negativa, secondo me, è che tutto ciò ha modificato il nostro modo di pensare: non sappiamo più apprezzare ciò che ci sta davanti al naso, ora e nella nostra testa il concetto di vacanza è legato al prendere un aereo e viaggiare da qualche parte, fuori, avere un paesaggio alla partenza e trovare qualcosa di diverso all'arrivo.
Abbiamo perso la parte maggiore di tutto ciò, quella che dà anche il nome al termine: viaggio, il tempo trascorso tra due mete e le esperienze vissute in questo lasso di tempo.
Non voglio fare il moralista, fortunatamente non tutti hanno le stesse idee e, anche per il singolo, cioè anche per me, queste ultime variano nel corso della vita.
Volevo semplicemente avere una base personale per introdurre l'elemento che più ho apprezzato nel mio viaggio: la transizione.
Transizione del territorio, della lingua, del tempo, della natura, dei modi di fare.
Il cambiamento lento mi ha permesso di accorgermi di tutto e di apprezzarlo molto di più di quanto avrei fatto con singolo viaggio di più giorni per ogni singola regione visitata.
Un paio di volte mi sono ritrovato a dire a voce alta o a qualche conoscente: "cacchio, posso assicurarti che l'Italia è proprio come su Google Maps!".
Farà ridere, ma è vero e me ne sono accorto.
Me ne sono accorto seguendo la  costa adriatica, vedendo le montagne della Valle d'Aosta dalla cima della basilica di Superga a Torino, vedendo la costa strapiombante della Liguria, guardando tutto il territorio intorno dalla cima del Corno Grande nel Gran Sasso e in tante altre occasioni.
Ho potuto apprezzare, e non senza sorrisi, il cambiare della lingua, degli odori nelle varie città e dei modi di vivere, ho potuto rafforzare o negare totalmente luoghi comuni su alcuni comportamenti nel nostro paese.

Non sono un grande osservatore, ho semplicemente fatto qualcosa che la situazione mi dettava e imponeva: ho rallentato.


(foto di Francesco de Luca)

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