sabato 24 maggio 2025

Giro d'Italia 2025 / La strada maestra

Gubbio, partenza della tappa numero 9


Il Giro segna sulle mappe una lunga traccia da seguire. E nascono storie scritte sui muri delle case, sbottonate tra le panchine dei giardini comunali. Una statua che indica il sole, prima che il cielo torni a piangere le solite giornate, pigre e uniformi. Il Giro si addentra nei boschi più fitti, scavalla torrenti nervosi, osserva l’ombra lunga dei castelli e raccoglie il profumo delle crostate appena sfornate, all’angolo con la chiesa dei santi patroni.


E la musica scorre, anche quella che qui, davvero, lo giuro, non s’è mai vista ballare così. Ma oggi è tutto un tappeto di fiori. Nei piccoli negozi, lungo la strada maestra, la luce s’accende di rosa e anche il più noioso dei consigli per gli acquisti diventa, in un attimo, un piccolo gioiello da cullare e da allattare. Pane e pecorino, lontani dal caos, ignorano pollici e cuori. Spirito divino o, più semplicemente, sapore di un tempo disteso e paziente. Dicono, gli esperti, intelligenza naturale.


A scuola i bambini disegnano bici e salvano il mondo coi loro sogni più puri. Di sbieco, e sono occhi vissuti, il ricordo di Bartali e un inchino amichevole all’uomo che apre le danze del Giro. Mentre la corsa scivola via, di fianco alle storie di tutti i giorni, con la stessa euforia che parla d’amore e lo stesso sorriso spezzato che cela un dolore. Ai piedi di una strada che guarda all’insù, col freddo che punge e i racconti d’estati spartite tra santi e cantanti. Dialetti che perdono sillabe e implorano conforto e carezze. Tra la polvere che si mischia col fango e un prato che tace e che aspetta, come sempre. Come mai.


La bicicletta, comunque, è come la montagna. Accomuna, è condivisione. Pare di ascoltarlo, il silenzio che grida. La vista si spande, il verde si mangia il cemento. Bandiere e tamburi, un parroco a pedali e le suore che fanno il tifo per il primo in classifica. Roba da romanzi d’autore. Che finiscono che vince un eroe, sotto la torre, col volto che soffre e le braccia che lo mettono in croce. È andata proprio così. La sera scende, le parole si confondono tra loro e non brillano più in bocca alla gente. Per diventare grandi, bisogna essere continuamente piccoli. Altrimenti, a guardare tutto da lassù, sì perde di vista l’altezza delle cose.


Le vigne ormai dormono e una volpe svicola tra la luce dei fari. Quelle strade portano ancora addosso il solco delle ruote che le hanno segnate poche ore prima. È il lavoro del buio, che prepara il domani. Anche il Giro riposa, distende i suoi muscoli e rischiara la mente. C’è il tempo che aspetta puntuale, tra un mucchio di storia e una foto di tutti, una foto da fare. Le nuvole si addensano in cima ai monti severi, che quasi nascondono i loro pensieri. Ma c’è sempre una strada che scioglie le briglie e offre, sia lodato, il brivido giusto della libertà.


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Questo è un racconto in cui realtà e fantasia si scambiano, si intersecano, liberamente ispirato agli incontri e alle chiacchierate che ho fatto tra Tagliacozzo, Gubbio, Siena e dintorni.



Specialità di Tagliacozzo e della Marsica

Gli ultimi corridori arrivano a Marsia

Tagliacozzo in festa fino a sera

Gli sbandieratori e i musici di Gubbio si sono esibiti prima della partenza

Tifosi in attesa al bivio di Vico d'Arbia

La corsa arriva al bivio di Vico d'Arbia

Bambini e adulti in attesa di Wout van Aert a Siena

2 commenti:

Loredana ha detto...

Veramente coinvolgente questo racconto tra “realtà e fantasia “ in cui la gara diventa secondaria rispetto alle storie dei luoghi che attraversa il Giro.

Anonimo ha detto...

Poesia tra le ruote, e ogni salita sembra nascondere sempre un panorama che svela l'Italia più vera, quella che serva ancora il sapore di un tempo