La maglia di campione del mondo torna a fasciare il busto di un corridore da corse a tappe. Non accadeva da oltre dieci anni, da quella volta a Duitama, quando Olano soffiò il titolo ad Indurain. Cadel Evans non è un super campione e non lo è mai stato. E' un regolarista, un corridore di fondo, dal passo costante, che va bene un po' ovunque eccetto che in volata; specialità che non è mai stata tra le sue corde. E' per questo, solo per questo, che sino a ieri pomeriggio la carriera di Cadel Evans si limitava ad una serie incredibile di piazzamenti; non solo a tappe. Si è piazzato diverse volte anche al Lombardia, con prestazioni molto interessanti. Anche a Liegi. Anche al Mondiale. Evans non è spuntato dal nulla e non deve essere considerato un vincitore a sorpresa. Semmai bisognerebbe fare mea culpa per non averlo inserito nel pronostico. Io per primo mi sono dimenticato di questo bel corridore, che ieri ha deciso di vincere la corsa della vita. Non è finita quì, vedrete; l'Australiano è un fior di professionista e prima di chiudere la stagione cercherà ancora di lasciare il segno. Forse all'Emilia, forse al Lombardia. Anche gli avversari (soprattutto loro) hanno commesso l'errore di sottovalutarlo; eppure i segnali erano stati chiari già nelle fasi morte della corsa. L'Australia aveva messo i suoi a tirare ed aveva condotto la corsa. Così, mentre tutti i favoriti si sono messi a "lucchettare" Cancellara, che si dimenava come un pesce nella rete, il canguro se ne usciva con una bella sparata e chiudeva la corsa. Pochissima Italia nel finale; dopo aver propiziato la selezione gli Azzurri l'anno subita. I limiti dei nostri sono fisici, ieri è emerso più che mai. Ne riparliamo. Così, con l'Italia che s'affloscia, la Spagna che pasticcia e Cancellara che si dispera si fanno strada Australia e Russia. Due vere e proprie "armate" con cui bisognerà abituarsi a fare i conti. Non è più un gioco di pochi, questo ciclismo. Si sapeva, ma da ieri pomeriggio, forse, si sa anche di più.
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