mercoledì 26 maggio 2010

All’ombra dei riflettori, la favola della maglia rosa


Spacciato, discorso chiuso. Indossa la maglia eppure non ne è degno; non ha il rango per sostenerla. La storia di questa maglia rosa è una storia di pedalate dure ed amare. Arroyo è la pulce da schiacciare e da offrire ai riflettori, magari con la bava alla bocca, per dimostrare quanto fosse indegno di quel colore. E’ chiaro ed evidente, e troverete pochi pareri contrari. Arroyo il Giro lo ha già perso e quei 147 secondi sono nulla davanti alle grandi salite, alla cronometro ed agli squadroni organizzati. Se ne faccia una ragione. E se Arroyo non la bevesse? E se s’incazzasse? Ho fatto un sogno; ho visto Arroyo attaccare nella tappa del Mortirolo, ben prima del Mortirolo. Lui, in rosa, davanti, a rischiare quel rosa alla faccia di tutti. “Dovete staccarmi e, per Dio, non mollerò un metro” – Ho visto gli altri andare nel pallone – “Ed ora? Che diavolo facciamo? Chi si svena per prendere quel pazzo?”
Perdere da pecora o perdere, forse ancor più fragorosamente, ma da leone.
Arroyo: sei pecora o leone?
Nel 1990, quando il Tour era ancora una corsa seria, accadde proprio che l’umile (Chiappucci), si spinse ad affrontare il padrone (Lemond). Anziché restituire la maglia gialla ben piegata e profumata alla lavanda, Chiappucci la intrise di polvere e odio; attaccò come un disperato sul Tourmalet, mentre il tacchino Americano scoprì il baratro della paura. Poi Lemond si riprese, rientrò, sfidò a sua volta la pulce Italiana e la demolì. Fece tutto questo con energica cattiveria. Era stato sfidato da un indegno, e la risposta doveva essere adeguata.
Arroyo è ad un bivio: vivere o morire. Vivere significa far sapere a tutti di esistere. Far capire agli appassionati che la magia rosa la porta lui e lui soltanto. Che sarà un lavoro maledettamente duro portargliela via. Vivere significa chiamare il corpo a corpo. Magari perderlo, ci sta.

Non sono, in fondo, tutte rosa… le favole di Maggio.

Nessun commento: