giovedì 7 ottobre 2010

Il tempo dei guerrieri


L'avete visto il Mondiale? Grazie alle nazionali Belga ed Italiana si è riusciti a stare svegli quasi tutta la notte. Credo che di più e di meglio i nostri non potessero fare. I nostri gioiellini Visconti e Nibali (come previsto), che ci hanno dato l'illusione di poter davvero arrivare fino in fondo. Su quel percorso chi inseguiva era favorito; già si era capito nelle gare degli under e delle donne. Soprattutto si era capito che a stare davanti si spendevano troppe energie. Avete visto come erano stanchi quelli della fuga del mattino? Dietro inseguivano nazionali organizzate e determinate a chiudere. Spagna su tutti (per loro ancora un pessimo Mondiale). Determinante è stato l'intervento della Russia, della Danimarca ed - udite, udite - della Slovenia! Ma non meraviglatevi se, alla fine, ha vinto un Norvegese a corto di squadra. Questo Mondiale si decideva infatti negli ultimi 150 mentri, e così è stato, alla faccia di Breshel, che era quasi riuscito ad indossarla, quella maglia a strisce. Lui e Kolobnev sono gli ossessionati del Mondiale: ogni anno ci provano, ci sono portati, sono sempre lì, ma più del secondo "non gliela fanno" proprio. Sul traguardo il Danese era nero. Come, inevitbilmente, accadeva a Gilbert, il guerriero. A lui dedico il finale di questo post. Ho gioito per il suo attacco devastante. Ero sicuro che potesse arrivare sino in fondo. Avrebbe meritato quella maglia e quel tipo di arrivo: solitario. Lui sopra di ogni altro. Ha scaricato forza e classe su quei pedali, ma alla fine è stato sconfitto dal vento e da un circuito che uccide la grande iniziativa. Un po' come il ciclismo moderno. Tutti assieme e sino in fondo. Così vuole lo spettacolo. Distacchi minimi in ogni circostanza, per non annoiare i telespettatori. Se Gilbert avesse atteso la volata, forse oggi sarebbe il campione del Mondo. Ma, grazie a Dio, parliamo di un corridore, ed un uomo, che lascia ancora spazio all'intuizione, all'istinto. Quel suo scatto, quella rabbiosa voglia di protagonismo del Belga rappresentano il suicidio sportivo. Ma concretamente custodiamo questa follia nell'ultimo scrigno di magia di un ciclismo piatto ed insulso.

Tornerà. Tornerà il tempo dei guerrieri.

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