mercoledì 9 febbraio 2011

Quando quel caldo venedì di inizo Giugno

Plan di Montecampione era immerso nel silenzio; era sera. Il giorno dopo i corridori si sarebbero giocati il Giro. Pantani contro Tonkov. Ero solo, con la mia tenda sistemata malamente sul ciglio di un parcheggio. Il meglio che ero riuscito a trovare. Il giorno dopo il Giro avrebbe deciso chi sarebbe stato il suo padrone. Passai del tempo con un appassionato bergamasco. Un incontro piacevole con una persona di grande spessore. Ricordo ancor oggi tante cose che mi disse quella sera, riguardo la vita, riguardo l'etica sul lavoro. Ho sempre pensato che questi incontri non fossero casuali. Tutte le volte che ho incontrato persone generose di consigli, ho sempre avuto la senzazione che li avesse mandati mio padre. Quasi si fosse reso conto che non era riuscito a dirmi proprio tutto... La mattina seguente era umido. Umido e caldo, sebbene fossimo in quota. Scesi un poco. Poi risalii. Poi ridiscesi. Ero quanto mai inquieto. Come se fossi stato consapevole che, di li a poco, avrei assistito ad uno dei duelli più entusiasmanti del ciclismo moderno. Pantani contro Tonkov sino all'ultimo respiro. Quasi come fu per Lemond e Fignon. Cattiveria compresa. Il Russo, testardo, che non si piega e non ci sta a perdere. Il nostro, ancor più duro che continua a scattare fino a staccarlo. Quella sera ridiscesi con l'auto che ormai era il tramonto. Era ancora caldo. Caldissimo. Ricordo che sulla tangenziale di Milano trovai i mezzi pesanti che trasportavano le attrezzature aeroportuali da Linate a Malpensa. A pensarci adesso, era un secolo fa.
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In ricordo di Marco Pantani

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