Li hanno inventati lassù. Tutti gli altri sono arrivati dopo e pertanto non fanno altro che aumentare il prestigio di questa corsa, unica tra le Grandi Classiche a non essere stata fagocitata da ASO o da RCS (le due grandi realtà organizzative del ciclismo mondiale). I Fiamminghi sono gelosi della loro corsa e sono sicuro che sarebbero pronti ad autotassarsi pur di non perderne il controllo. I muri li hanno inventati loro, inutile girarci attorno. Poi sono venuti tutti gli altri, magari ancor più terribili, più lunghi e più duri. Ma non originali. Sormano, Morolo, Ortezzano, Montelupone: tutte copie di quelle meravigliose e sadiche invenzioni Fiamminghe sulle quali generazioni di ragazzini (io incluso) hanno sognato ad occhi aperti. Stradine strette e male asfaltate (spesso lastricate) che puntano verso il cielo e sulle quali la viabilità ordinaria evita accuratamente di transitare. Le grandi Classiche sono oggi tali perché i nostri nonni hanno saputo inventare sfide fuori dell’immaginazione. Salire per quei budelli, sfidando il ribaltamento, ha acceso la luce della fantasia in milioni di appassionati che poi si cimentano nelle proprie imprese impossibili dietro l’angolo di casa – “conosco una salita che fa un baffo al Grammond”. Già, il Grammond. Ovvero Muur: il muro. E’ indiscutibilmente lui il grande protagonista della corsa. Giunge penultimo a soli sedici chilometri dall’arrivo, con quella curva a sinistra sulla quale si sono piantati fior di corridori. Fatto di pietre e di gente che urla a squarciagola. Se dici Muur dici Fiandre. Eppure non è il “Muro” il più terribile dei diciotto (ogni anno aumentano), bensì il Koppenberg. Meno noto ma decisamente più arduo. Praticamente impossibile. Arriva quando il gruppo non è ancora selezionato e fa da imbuto naturale in quanto, nella sua parte più stretta, passano soltanto un paio di persone alla volta e se quello davanti mette il piede a terra (e capita…) non c’è alcun modo di eludere il problema: tutti a piedi! Succede praticamente tutti gli anni. Ma il Fiandre non è soltanto muri. Il Fiandre è, indubitabilmente, anche pavè. Tanto pavè. Undici dei diciotto muri sono lastricati. Ma non solo, visto che il percorso presenta anche diverse trappole disseminate qua e là, come la Paddestraat, nei pressi di Zottegem, quando il gruppo è addirittura costretto a salire sui marciapiedi per evitare il selciato. Ma il Fiandre non è soltanto muri e pavè. Il Fiandre è soprattutto festa di Primavera per una Nazione che esce da un lungo e scuro inverno. Festa che spesso viene annaffiata dalla pioggia, che comunque è parte del paesaggio di lassù. Festa fatta di gente, birra e salsicce, un vero e proprio “trionfo del ciclismo” dove i corridori sono il centro dell’evento. I corridori di casa sono adorati come Dei. Su tutti Tom Boonen che ne ha vinti due (uno in maglia iridata). Conoscono le strade, i trucchi e sanno persino quando e dove il vento cambia direzione ed intensità. I muri li hanno inventati loro. E loro ne difenderanno la paternità sino in fondo.
Nessun commento:
Posta un commento