L’errore è ben in evidenza ed in bella mostra davanti al mondo. Sullo sfondo l’arco di trionfo, mentre in primo piano ci sono loro due. Sorridono ed attendono il padrone. Andy e Frank sanno di imbarazzo, con la stessa maglia e lo stesso volto in attesa della maglia gialla Evans. Venti centimetri di meno ma tanta cattiveria in più. La voglia di vincere, dopo averne buttati molti via. Lui non si è nascosto, lui ha sofferto cercando di limitare i danni. Perché è chiaro a tutti che a Parigi quest’anno non ha vinto il più forte (che era Andy Schleck) bensì il più tenace, il più scaltro. I due fratelli sanno di imbarazzo e mi chiedo che fine debba fare chi li ha diretti. Troppe occasioni sprecate, troppi errore accumulati nell’arco di due settimane decisive. Bisognava scegliere tra i due, bisognava, quantomeno, credere di più in Andy dopo l’impresa del Galibier. Il secondo e terzo posto sanno invece di presunzione. Pagata cara. Sui Campi Elisi festeggia un Australiano, mentre sulla strada del Telegraph urla vendetta la tattica scellerata di esporre quello in vantaggio (Andy) a favore di quello in svantaggio (Frank). Sulla strada verso il Tourmalet urla invece vendetta l’attendismo che ha impedito alla Leopard di far fuori Contador. Alla fine è stato proprio lo Spagnolo l’ago della bilancia di un Tour molto bello, a tratti addirittura epico. I nostri? Abbiamo di che essere almeno soddisfatti perché due nei primi dieci non li vediamo da anni. Basso si avvia verso la fine di una carriera interrotta sul più bello, mentre Cunego è una scheggia impazzita che non puoi sapere che traiettoria possa prendere. Dalle stelle alle stalle (e viceversa) senza una ragione: una specie di numero del lotto che esce quando meno te lo aspetti. Chiuso il Tour la stagione vira verso gli appuntamenti classici del finale. Mondiale e Lombardia. Il resto è contorno.
2 commenti:
Ottimo resoconto.....
A mio avviso,di un BEL TOUR 2011
Concordo con te, la favola del Tour si sta normalizzando e sta tornando anche a me la voglia di seguirla più attentamente. Tappe come quella dell'Alpe d'Huez, con i protagonisti all'attacco sin dalla prima salita sono il miglior manifesto per il ciclismo.
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