Il Tour è sempre stato così. La selezione comincia da subito, da queste prime tappe che, solo all’apparenza, sembrano poco insidiose. Invece la grande pianura Francese (che poi pianura non è) miete vittime di chilometro in chilometro. Chi rimane fuori per le cadute, chi per il vento, chi per il caldo, chi per lo stress. Il Tour non è una corsa normale, casomai è “La Corsa”, ed è certamente questo il motivo che induce tutti i corridori a dare il meglio. Questo significa agonismo e tensione. Inutile recriminare, il Tour non aspetta nessuno e soltanto il primo ha ragione. Chi invoca la sorte fa poca strada; essa la si esige correndo davanti con grande brillantezza. Ma solo i più forti ci possono riuscire.
Cosa ha detto questa prima settimana di Grand Boucle? Purtroppo ha ribadito l’inconsistenza dei nostri. Ma questo ormai non fa più notizia. Basso è uomo di fondo ma davvero mi sembra difficile possa competere per il podio: sono ansioso di ammirarlo sulle prime salite perché, vista la natura del Varesino, solo lì scoprirà le carte. Il fatto che abbia fatto una crono a squadre sottotono non è comunque un bel segnale.
Difficile da decifrare anche Contador. Su di lui pesa la grande fatica del Giro. Negli ultimi anni i vincitori del Giro hanno solo fatto delle magre figure. Contador è un fenomeno e sarò ben felice che mi smentisca. Pronosticare quindi Andy Schleck diventa così fin troppo facile (chi altro ci sta?). La sua posizione in classifica è invidiabile ed in questi casi è sempre meglio partire davanti a tutti. Il buon Evans non mi ha mai convinto e credo che anche quest’anno non riesca a fare ciò che mai ha fatto in precedenza: dalla sua una regolarità impressionante e la sobrietà di un corridore mai personaggio ma comunque molto amato.
Ma se guardiamo un po’ oltre la classifica generale scopriamo le cose più belle di questa corsa. Ad esempio la lunga odissea gialla di Thor Hushovd, il campione del mondo. La squadra lo ha proiettato lassù e lui dimostra di essere un leader vero, gestendo con grande saggezza quei pochi secondi che lo separano da tutti gli altri. Coperto e difeso dalla Cervelo non ha voluto esagerare cercando magari di vincere le volate. Si gode il momento e capisce che questo Tour lo proietta ancor più della maglia iridata nel clan dei grandi. Ottimo anche Gilbert, che conferma la sua strepitosa primavera e che intende lottare sino a Parigi per vestire la maglia verde.
Per il resto il Tour è sempre un grande spettacolo, con quella meraviglia di pubblico ai lati della strada, che fa venire la voglia di essere lì, a bersi una birra “en pression” od un bel bicchiere di Cote du Rhone in attesa del passaggio del gruppo.
Una corsa che va oltre l’aspetto sportivo e che è davvero leggenda, nonostante abbiano fatto di tutto per cercare di rovinarla. Come ho già avuto modo di scrivere per il Giro, la gente li ama comunque. Dopati o no. Truffatori o meno. Per quella loro testarda passione del pedalare tra rischi, cadute, campi di grano e quotidiana umanità. Nessun riflettore acceso. Usano la nostra stessa luce e le nostre stesse strade. Noi siam loro e loro son noi, con le stesse miserie e la stessa umanità.
Cosa ha detto questa prima settimana di Grand Boucle? Purtroppo ha ribadito l’inconsistenza dei nostri. Ma questo ormai non fa più notizia. Basso è uomo di fondo ma davvero mi sembra difficile possa competere per il podio: sono ansioso di ammirarlo sulle prime salite perché, vista la natura del Varesino, solo lì scoprirà le carte. Il fatto che abbia fatto una crono a squadre sottotono non è comunque un bel segnale.
Difficile da decifrare anche Contador. Su di lui pesa la grande fatica del Giro. Negli ultimi anni i vincitori del Giro hanno solo fatto delle magre figure. Contador è un fenomeno e sarò ben felice che mi smentisca. Pronosticare quindi Andy Schleck diventa così fin troppo facile (chi altro ci sta?). La sua posizione in classifica è invidiabile ed in questi casi è sempre meglio partire davanti a tutti. Il buon Evans non mi ha mai convinto e credo che anche quest’anno non riesca a fare ciò che mai ha fatto in precedenza: dalla sua una regolarità impressionante e la sobrietà di un corridore mai personaggio ma comunque molto amato.
Ma se guardiamo un po’ oltre la classifica generale scopriamo le cose più belle di questa corsa. Ad esempio la lunga odissea gialla di Thor Hushovd, il campione del mondo. La squadra lo ha proiettato lassù e lui dimostra di essere un leader vero, gestendo con grande saggezza quei pochi secondi che lo separano da tutti gli altri. Coperto e difeso dalla Cervelo non ha voluto esagerare cercando magari di vincere le volate. Si gode il momento e capisce che questo Tour lo proietta ancor più della maglia iridata nel clan dei grandi. Ottimo anche Gilbert, che conferma la sua strepitosa primavera e che intende lottare sino a Parigi per vestire la maglia verde.
Per il resto il Tour è sempre un grande spettacolo, con quella meraviglia di pubblico ai lati della strada, che fa venire la voglia di essere lì, a bersi una birra “en pression” od un bel bicchiere di Cote du Rhone in attesa del passaggio del gruppo.
Una corsa che va oltre l’aspetto sportivo e che è davvero leggenda, nonostante abbiano fatto di tutto per cercare di rovinarla. Come ho già avuto modo di scrivere per il Giro, la gente li ama comunque. Dopati o no. Truffatori o meno. Per quella loro testarda passione del pedalare tra rischi, cadute, campi di grano e quotidiana umanità. Nessun riflettore acceso. Usano la nostra stessa luce e le nostre stesse strade. Noi siam loro e loro son noi, con le stesse miserie e la stessa umanità.
Nessun commento:
Posta un commento