martedì 1 novembre 2011

La porta per andar via (storia dedicata alla Bocchetta....)

Il vallone ai meno tre dalla vetta, con i corridori dell'Appennino in fila. E' il 1992.

"Il punto più duro lo trovi subito dopo aver attaccato la salita, ai Tre Re" - gli occhi mi si spalancarono mentre mio padre continuava a raccontarmi di quanto dura fosse quella scalataa e quanto tortuosa fosse quella strada. Non seppi mai se davvero lui l'avesse affrontata in bicicletta ma il suo racconto era estremamente dettagliato. La strada che attraversava Langasco dopo il tratto più difficile, e poi solcava le ultime case di Pietralavezzara per poi snodarsi sino in cima, dove improvvisamente spariva dietro il colle, quasi all'improvviso. Il racconto di mio padre mi aveva fatto crescere la voglia di affrontare quel "mostro" e ricordo ancora come fosse adesso con quanta ansia andai a dormire la sera prima di affrontare quella salita, che tutti accreditavano come la più difficile della zona. Addirittura la più difficile tra quelle inserite in una corsa in linea per professionisti. Così, quando il giorno dopo la affrontai, e con tutte le cautele arrivai in cima, ci rimasi quasi male. Dominare cotanto incubo lo aveva in qualche modo ridimensionato. Non ricordo quante volte l'ho affrontata in bicicletta; credo almeno in tre occasioni. Allora mi sembrava il centro del mondo. Adesso giace silenziosa e quasi dimenticata. Questo è il racconto della Bocchetta, e della sua corsa.


Pavel Tonkov e Wladimir Belli lanciati sugli ultimi tornanti della Bocchetta: è il 1996

Si chiama Pontedecimo e si scrive PonteX. E' l'ultimo sputo di città. L'ultimo quartiere a ridosso dei boschi di castagne. Uno di quei posti dove non vai mai, perchè lontano da tutto. Poco più avanti c'è Campomorone, dove improvvisamente la strada svolta, passa per i Tre Re e si alza cattiva sino all'abitato di Langasco. La Bocchetta è la classica gita domenicale di quella porzione di città. Ricca di fiori in primavera e di castagne in autunno. Io allora non sapevo che il grande ciclismo passasse di là, ma ci misi poco ad innamorarmi d'una corsa speciale, che si srotolava su strade difficili, sia in salita che in discesa. Il Giro dell'Appennino. Era chiamata la corsa di Baronchelli, che l'aveva vinta sei volte di seguito e che aveva segnato per anni il record di scalata della Bocchetta. Adriano De Zan soleva ricordare che non v'era salita più dura della Bocchetta in una corsa in linea. Su quelle strade Fausto Coppi aveva colto l'ultima vittoria. Mi innamorai di quell'arrivo su una piazza senza sbocco, con la strada che s'infilava sul lungo Polcevera risalendo il fiume per quasi un chilometro. Quella dell’Appennino era una volata (se era volata) difficile da impostare, su una linea d'arrivo che traeva in inganno. Su quella linea Bugno perse una corsa costruita metro su metro dalla sua squadra e perse anche la maglia tricolore; era il 1989.

L'altimetria dell'edizione 2001. La classica Ligure è sempre stata molto selettiva.
 Ricordo ancora noi ragazzi appoggiati ai sedili del piccolo vagone metropolitano che ci portava laggiù in un pomeriggio d’Aprile. Era il 1991 e quell'anno si correva sotto la pioggia. C'erano i migliori, tutti pronti per il Giro d'Italia. Bugno contro Chiappucci la sfida di cartello, ed una pioggia fitta ed insistente che ricordava un clima da classiche del nord appena concluse. Giungemmo in Piazza Arimondi proprio poco prima dell'arrivo, mentre il Belga De Wolf fregava tutti gli altri. Allora la Bocchetta per me era quasi un tabù. Era una porta sbarrata, l'ultimo baluardo di mondo conosciuto a noi ragazzi oltre la quale si aprivano le pianure, mentre il nostro sguardo era rivolto al mare. Per la gente di Liguria è così. Si suole dar le spalle alle montagne, e guardare il mare. E' come una bussola interiore che segue un nord diverso (ed infatti a Genova coincide con il sud!). I bricchi là dietro sono per le castagne e poco altro. Magari per rimirare il mare da un po’ più in alto. Allora mi chiedevo come fosse quella salita, se davvero fosse tanto difficile da scalare e se mai fossi riuscito a conquistarla. Quel desiderio diventò a poco a poco la chiave per aprire quella porta e scoprire un mondo nuovo. 


Le fasi iniziali del Giro dell'Appennino edizione 2001. 
 Era il periodo estivo quando decisi di affrontarla e volli per forza passare in bici da Piazza Arimondi, nonostante il mercato cittadino. Le parole di mio padre avevano acuito il desiderio di quella conquista ed allo stesso tempo mi avevano indotto alla prudenza. Fu in quel caldo giorno di Luglio che conquistai la vetta e da lì in avanti decisi che sarei tornato sempre lassù a vedere il grande ciclismo che passava di là.


Un immagine di fatica sulla strada verso la Bocchetta.

Potrei raccontare di tante edizioni vissute lassù. Ricordo d'una fuga che prese il largo prestissimo ed accumulò un vantaggio enorme. Era ancora una giornata di pioggia e sulla Bocchetta Chiappucci ed Indurain inscenarono una battaglia a denti stretti proprio passando di fianco a noi. Ma quel giorno la fuga arrivò e premiò Calcaterra, ultimo reduce di quel coraggioso attacco. Ricordo decine di volti di amici che di volta in volta mi hanno accompagnato su quei tornanti. Mio fratello nel '92, quando era ancora un bambino, Raffaele, Beppe, Armando, Rino e Romolo. Allora la Bocchetta era il centro del mio ciclismo, ed in fondo non sfigurava di certo in un calendario ancora umano, dove i grandi campioni si scontravano in quasi tutti gli appuntamenti.


Partenza ed arrivo da Piazza Arimondi
 Poi, quasi senza accorgermene sono diventato grande. Mi sono ritrovato a seguire e ad amare uno sport che con quello d'allora ha davvero poco in comune. Sinché tra le mani non ritrovo le foto di quegli anni e quelle di altre edizioni importanti. Già, perché poi quella porta fu aperta, ed il mondo sembrò un po' meno grande. La Bocchetta un po' meno alta e difficile. Non saprò mai se mio padre ha davvero affrontato in bici quella salita, ma mi è sempre piaciuto immaginarlo con gli amici, alla conquista di quella cima, su una strada polverosa in fuga dalla sua realtà; oggi che anch'io son fuggito da quel tempo antico.  


Sabaliauskas guida Simoni sugli ultimi tornanti della Bocchetta alla conquista del record. Era il 2003.

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