Una pagina del mio diario di viaggio. |
Vercors, 26 Luglio 1998 - mattina
Scrivo adesso visto che questa sera mi attende un lungo viaggio fino a Valloire, sotto il Galibier, la grande montagna di questo Tour. Ho appena terminato il mio breve pasto davanti ad un panorama splendido, finalmente al fresco delle prime valli Alpine. Due ore fa sono passato sopra il Col du Rousset attraverso una lunga galleria. E’ una bella salita lunga ma per nulla dura. Poi in valle si trovano due o tre strappi che non possono certo impensierire i migliori. A metà valle ho invece incontrato una strada che prosegue verso un posto stupendo. Una strada che si scava nelle rocce a strapiombo sul nulla. Ho poi incontrato una famiglia; lui, Italiano, si è voluto informare sul mio viaggio e mi ha consigliato di non passare per la Croix de Fer questa sera. Mi attende pertanto un bel tocco di autostrada verso Chamonix per poi risalire la Maurienne. Per adesso il tempo è ottimo e sarebbe perfetto se rimanesse così anche per le tappe dei prossimi due giorni.
Il gruppo transita nel verde Vercors: |
Valloire, 26 Luglio 1998 – notte
Finalmente ci siamo. Eccomi ai piedi del “mostro”. Chissà perché questa montagna mi ha sempre affascinato… forse perché non ama svelarsi dietro le sue dense nubi, come questa sera. C’è un temporale in lontananza che forse sta andando via. Domani è la tappa più bella del Tour ma non c’è tempo per pensare a queste cose visto che non ho ancora mangiato e la mia tenda è ancora da montare. Risuona qui vicino il rombo del fiume che attraversa questo posto. Non è ancora il temporale che forse se ne andrà.
Verso la cima del Galibier. Con un tempo da paura. |
Verso il Galibier, 27 Luglio 1998
Cinque chilometri dalla vetta ed un'acqua che Dio la manda a secchiate. Congelo nella tuta da motociclista mentre la nebbia sale lenta in stracci dalla valle. A tratti non si vede nulla. Fa talmente freddo che quando passa un'automobile bisogna ripararsi dall'aria che smuove. E' pieno Luglio e sembra una giornata di Novembre. Quando la corsa si avvicina non ci sono notizie certe. Pare che Pantani sia caduto sul Croix de Fer, ma nessuno sa nulla al proposito. Inutile sperare nelle vetture che precedono la corsa. Sono tutti ben chiusi all'interno, al calduccio. Non ho più un vestito asciutto, la mia tenda giù a Valloire è zuppa d'acqua. Dopo una settimana di Tour non ne posso più di aspettare, di viaggiare. La corsa incombe. Non si vede nulla ma si sentono le urla dei tifosi che dai tornanti più in basso urlano come pazzi. Le loro grida rimbalzano sulla roccia che mi sovrasta e cadono dall’alto come in un gioco che rende ancor più magico questo momento. Quando passano i primi? non sto più nella pelle. Ce n’è quattro davanti ed io non so nulla di ciò che accade dietro. Quando attacca Pantani?
Cinque alla vetta, Pantani ha appena attaccato. Raggiunge e supera Escartin; comincia il volo. |
Valloire, 27 Luglio 1998
Scendono tutti a valle; qui non rimane più nessuno. Ma io dove vado? Piove ancora ed il cielo è basso. Non ne posso più di pioggia e di bagnato. Mi sono rifugiato presso un locale di Valloire, che sarebbe stato anche accogliente se non per il via vai di persone che c’era. Tanta fretta e tanta furia di andarsene via. Io no. Sono padrone del mio tempo o, se vogliamo, non so dove andare. E poi, dove andare dopo una giornata così? Mai vista una corsa così avvincente, mai assistito ad un avvenimento così emozionante. Pantani è passato di fianco a me superando Escartin a velocità doppia. Poi ho trovato rifugio vicino ad un camper di Tedeschi molto attrezzato. Grazie alla parabolica ho visto il passaggio in vetta dove Pantani aveva già rifilato oltre due minuti e mezzo ad Ullrich. A quel punto i Tedeschi erano senza parole; ho preferito scendere a valle perché il tempo peggiorava ed avevo paura di rimanere bloccato dalla nebbia. Poco prima di Valloire era allestito un tendone gigantesco, con decine di persone che guardavano un grosso schermo; mi sono fermato e mi sono gustato gli ultimi chilometri di Pantani che, da solo, si andava a prendere la maglia ed il Tour. Gli Italiani urlavano e si abbracciavano saltando, cantando, ridendo e gioendo. Gli altri applaudivano. Dopo tanti anni di trasferte a guardare gli altri vincere stavolta tutti guardavano noi.
Gli altri scendono a valle ed io rimango qui; ancora stanotte, ai piedi di una montagna che non si vede. Sento il rumore del ruscello che solca il paese. Non ho un posto dove andare, ne qualcuno con cui parlare ma stasera, se Dio vuole, non me ne frega niente.
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