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I coltivatori di olive di Fabbri |
Per parlare della Tirreno Adriatico bisogna raccontare
quel che sta al centro, tra i due mari. Luoghi remoti, sconosciuti e poco
frequentati anche dalle corse di ciclismo, ma che talvolta il ciclismo
illumina. Lo scorso anno ho passato una giornata a Fabbri, un piccolo borgo ai
piedi di Montefalco, poco distante da Foligno, in Umbria: un torrione ed una
piazza. Poco prima del passaggio della corsa scorgo due persone sul ciglio
della strada, una coppia di anziani, talmente belli che mi sembrava di poterli
vedere ancora giovani. Mentre il tempo aveva deformato i loro corpi, la loro
anima era integra e sfuggiva ad essi. Ho subito pensato che avrei voluto
invecchiare così con mia moglie. Lei timida ma autorevole, lui espansivo ed
orgoglioso. Coltivatori da una vita e produttori d’olio. Mi hanno raccontato
delle loro olive, della loro vita che subisce i ritmi dettati dalle esigenze
dei loro alberi. Stavano potando ed accumulavano i rami, ordinandoli in fascine
a terra, non erano lì per la corsa ma l’avrebbero guardata perché da quelle
parti non passa mai nessuno, se non il tempo che scorre. E col tempo scorrono
anche le esigenze degli alberi e dei loro frutti, e la loro vita dietro a tutto
questo, legata alla paura per una nube troppo scura e ricca di grandine o di un
vento da nord troppo gelido nel periodo sbagliato. Poco prima della corsa
l’uomo mi disse che la potatura è come l’inizio di un viaggio, il principio di
una nuova storia; quando tutto ricomincia daccapo, il viaggio, il nostro
viaggio. Un viaggio fatto di temporali, sole, vento e – se Dio vuole – olive.
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Il passaggio della Tirreno Adriatico a Fabbri |
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