giovedì 9 marzo 2017

Il Tirreno, l'Adriatico e quel che li separa

I coltivatori di olive di Fabbri
Per parlare della Tirreno Adriatico bisogna raccontare quel che sta al centro, tra i due mari. Luoghi remoti, sconosciuti e poco frequentati anche dalle corse di ciclismo, ma che talvolta il ciclismo illumina. Lo scorso anno ho passato una giornata a Fabbri, un piccolo borgo ai piedi di Montefalco, poco distante da Foligno, in Umbria: un torrione ed una piazza. Poco prima del passaggio della corsa scorgo due persone sul ciglio della strada, una coppia di anziani, talmente belli che mi sembrava di poterli vedere ancora giovani. Mentre il tempo aveva deformato i loro corpi, la loro anima era integra e sfuggiva ad essi. Ho subito pensato che avrei voluto invecchiare così con mia moglie. Lei timida ma autorevole, lui espansivo ed orgoglioso. Coltivatori da una vita e produttori d’olio. Mi hanno raccontato delle loro olive, della loro vita che subisce i ritmi dettati dalle esigenze dei loro alberi. Stavano potando ed accumulavano i rami, ordinandoli in fascine a terra, non erano lì per la corsa ma l’avrebbero guardata perché da quelle parti non passa mai nessuno, se non il tempo che scorre. E col tempo scorrono anche le esigenze degli alberi e dei loro frutti, e la loro vita dietro a tutto questo, legata alla paura per una nube troppo scura e ricca di grandine o di un vento da nord troppo gelido nel periodo sbagliato. Poco prima della corsa l’uomo mi disse che la potatura è come l’inizio di un viaggio, il principio di una nuova storia; quando tutto ricomincia daccapo, il viaggio, il nostro viaggio. Un viaggio fatto di temporali, sole, vento e – se Dio vuole – olive. 
Il passaggio della Tirreno Adriatico a Fabbri

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