Non so voi ma io mi sento un po’ preso in giro. E sinceramente, sentirmi preso in giro da Riccò, con la faccia da sbruffoncello che si ritrova, non mi va giù. La chiamano “confessione” ma si legge “meglio stare zitti”, visto che nessuno aveva a questo punto bisogno di una confessione di Riccò. La realtà dei fatti era davanti a tutti.
A Riccò, semmai, si chiedeva un gesto di maturità. Una presa di coscienza che avrebbe potuto dare una svolta al movimento intero. Invece no. Arriva questa confessione di comodo in cui, al solito, il corridore si assume tutte le responsabilità di un “errore di gioventù”. Riccò, se mi ha letto, non ha capito una mazza.
Riccò non ha capito che il problema non è quello di aver preso il doping. Non ha neppure capito, o forse non gliene importa nulla, che a nessuno interessa che lui abbia preso il doping. Riccò deve capire quel che è accaduto: che tutto ciò che ha fatto in bici, da un giorno all’altro è improvvisamente diventato nulla. Cancellato. Mai esistito. Questo è il vero problema.
E soprattutto Riccò dovrebbe lavorarci sopra. Prendere coscienza che lui e gli altri sono diventati fenomeni da circo e che il loro ciclismo nulla ha che fare con quello che la gente ricorda e sogna. Dovrebbe prendere questo grosso vaso di Pandora bello scoperchiato e cominciare a raccontarci veramente chi è. Vogliamo sapere veramente chi sei, caro Riccardo.
Perché non siamo fessi come credi tu. Non ci raccontare la storiella dell’errore di gioventù, della prima volta. Raccontaci chi sei; in bici e fuori. Facci sapere come funziona la cosa. Cosa era vero e cosa era finto. Credi davvero di poter proteggere così le tue bellissime azioni che tanto ci hanno fatto sognare? Credi davvero che sognassimo in quanto credessimo che tu fossi pulito? Beh, allora non hai davvero capito nulla di ciò che ti è accaduto. Buona fortuna.
A Riccò, semmai, si chiedeva un gesto di maturità. Una presa di coscienza che avrebbe potuto dare una svolta al movimento intero. Invece no. Arriva questa confessione di comodo in cui, al solito, il corridore si assume tutte le responsabilità di un “errore di gioventù”. Riccò, se mi ha letto, non ha capito una mazza.
Riccò non ha capito che il problema non è quello di aver preso il doping. Non ha neppure capito, o forse non gliene importa nulla, che a nessuno interessa che lui abbia preso il doping. Riccò deve capire quel che è accaduto: che tutto ciò che ha fatto in bici, da un giorno all’altro è improvvisamente diventato nulla. Cancellato. Mai esistito. Questo è il vero problema.
E soprattutto Riccò dovrebbe lavorarci sopra. Prendere coscienza che lui e gli altri sono diventati fenomeni da circo e che il loro ciclismo nulla ha che fare con quello che la gente ricorda e sogna. Dovrebbe prendere questo grosso vaso di Pandora bello scoperchiato e cominciare a raccontarci veramente chi è. Vogliamo sapere veramente chi sei, caro Riccardo.
Perché non siamo fessi come credi tu. Non ci raccontare la storiella dell’errore di gioventù, della prima volta. Raccontaci chi sei; in bici e fuori. Facci sapere come funziona la cosa. Cosa era vero e cosa era finto. Credi davvero di poter proteggere così le tue bellissime azioni che tanto ci hanno fatto sognare? Credi davvero che sognassimo in quanto credessimo che tu fossi pulito? Beh, allora non hai davvero capito nulla di ciò che ti è accaduto. Buona fortuna.
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