mercoledì 8 ottobre 2025

Giro dell'Emilia 2025 | È solo mattino


In Emilia il tempo pare scorrere col passo giusto. Quello senza intoppi della sua pianura piatta affettata dai canali sfumati nella foschia; e quello mosso dei suoi colli, che rompono la monotonia di una luce autunnale che fa l'aria spenta. Le nuvole, anche loro spente, fanno soltanto sognare che ci sia un mare, da qualche parte. Prima o poi. Ma può aspettare. Fretta non ce n'è. Siamo tutti assonnati.


Mirandola si sveglia così, piena di bici veloci e di novità. Che sono così lontane nel tempo dalla sapienza del suo passato. Ma, tutto sommato, così vicine a quell'indole perpetua di dubbi e domande, per non rimanere sempre a guardare l'orizzonte da una parte sola. Qui da oltre cent'anni si parla di pedali e di telai, le corse sono cibo gradito e spartito, nelle chiacchiere fuori dal bar. Lo sguardo poco più su ed ecco ancora i segni di giorni passati a tremare, sulle cupole e sulle facciate. Un legame silenzioso con altre terre sorelle, sul filo sottile delle ruote minori. Che minori non sono.


Io non sono emiliano e quindi forse mi sfugge qualcosa. Ma il ciclismo è sempre un aiuto valido, più che valido, per affacciarsi e guardare pezzi di storia che scorre. E il Giro dell'Emilia rispecchia a pieno i suoi luoghi. Occhi attenti e poco rumore. Scelte chiare e consapevolezza, quando ormai tutto scivola via così facilmente. Alla partenza ragazze e ragazzi sorridono e scherzano, l'aria è spensierata, ma non per questo leggera. Ci sarà un nuovo racconto da scrivere, una nuova iride da mostrare, nuove cifre da annotare. Ma per ora è solo mattino.


Magdeleine Vallieres mostra per la prima volta la sua nuova maglia da Campionessa del Mondo


Mirandola porta ancora i segni del terremoto del 2012

lunedì 23 giugno 2025

Giro d'Italia 2025 - La maglia rosa è il tempo che scorre

 

Del Toro, ricordo del Colle delle Finestre 2025

“Beh.. eh, io.. lo sai che io.. io ho 76 anni”

Mickey risponde così a Rocky quando messo alle strette dal pugile che desidera allenare, cerca di giustificare il fatto d’averlo sottovalutato e lasciato da solo. Mi sono sempre chiesto se quella addotta da Mickey potesse essere una giustificazione accettabile. Credo, passati i cinquanta, di non avere ancora la risposta a questa domanda, ma certamente oggi ho nei confronti del tempo un rispetto, ed assieme una comprensione, che da ragazzo non possedevo.

Sta volando via pure Giugno, cominciato con il  Giro d’Italia che finiva sul Colle delle Finestre, con la maglia rosa che passava sul tornante polveroso, riavvolgendo il tempo che era rimasto congelato per qualche settimana; ed ora il mese si conclude con gli orali di terza media di mio figlio che cancellano un tempo che è persino troppo lungo da immaginare. Dalla finestra aperta dell’aula sul cortile arrivano i battiti d’ala di un piccione che va e che viene. Potrebbe essere la stessa aria, e forse persino la stessa aula di quando era toccato a me. Eppure non lo sono. Il mio tempo è passato attraverso tanti Giri d’Italia ed ancor più maglie rosa. Fu Hampsten a vincere quell’anno, e la mia storia col ciclismo cominciò proprio in quei giorni durante i quali, aspettando gli esami, mi ritrovai improvvisamente davanti allo schermo tutte quelle storie di Giro, di classifica generale, di uomini che conquistavano e perdevano la maglia rosa. Guardo le spalle di mio figlio e non so esattamente come sono arrivato qui, in questo luogo, in questo tempo. Beh, lo sai che io ho settantasei anni? Significa un mondo che c’è dietro e che, conoscendolo, bisogna saper comprendere e perdonare, come poi ha fatto Rocky. Alla fine penso che l’altro giorno sul Finestre è stata solo un’altra maglia rosa che è passata.

un altro esame di terza media, ed il tempo che scorre


venerdì 20 giugno 2025

Giro d'Italia 2025 / È finito un altro Giro

 

La chiesa di San Giacomo, quasi in cima al Mortirolo


L'Italia scorre da un finestrino segnato da qualche goccia di pioggia terrosa. Scorrono monti e campanili, aziende, pali della luce. Castelli. Scorrono vittime e innocenti, il gioco delle parti e un chiaro segno di stanchezza. È finito il Giro. O meglio, sta finendo il Giro. Ma poco cambia.

Dicono ci sia una nuova Maglia Rosa, dicono che domani vincerà.

È finito il Giro negli occhi di bambini svelti, che attaccano figurine e svuotano borracce. È finito il Giro negli occhi degli anziani affacciati alle ringhiere, fuori dalle porte di casa. Infiocchettate di rosa e bagnate dal sole che cala e che tutto questo non lo sa.

È l'Italia che va.

sabato 24 maggio 2025

Giro d'Italia 2025 / La strada maestra

Gubbio, partenza della tappa numero 9


Il Giro segna sulle mappe una lunga traccia da seguire. E nascono storie scritte sui muri delle case, sbottonate tra le panchine dei giardini comunali. Una statua che indica il sole, prima che il cielo torni a piangere le solite giornate, pigre e uniformi. Il Giro si addentra nei boschi più fitti, scavalla torrenti nervosi, osserva l’ombra lunga dei castelli e raccoglie il profumo delle crostate appena sfornate, all’angolo con la chiesa dei santi patroni.


E la musica scorre, anche quella che qui, davvero, lo giuro, non s’è mai vista ballare così. Ma oggi è tutto un tappeto di fiori. Nei piccoli negozi, lungo la strada maestra, la luce s’accende di rosa e anche il più noioso dei consigli per gli acquisti diventa, in un attimo, un piccolo gioiello da cullare e da allattare. Pane e pecorino, lontani dal caos, ignorano pollici e cuori. Spirito divino o, più semplicemente, sapore di un tempo disteso e paziente. Dicono, gli esperti, intelligenza naturale.


A scuola i bambini disegnano bici e salvano il mondo coi loro sogni più puri. Di sbieco, e sono occhi vissuti, il ricordo di Bartali e un inchino amichevole all’uomo che apre le danze del Giro. Mentre la corsa scivola via, di fianco alle storie di tutti i giorni, con la stessa euforia che parla d’amore e lo stesso sorriso spezzato che cela un dolore. Ai piedi di una strada che guarda all’insù, col freddo che punge e i racconti d’estati spartite tra santi e cantanti. Dialetti che perdono sillabe e implorano conforto e carezze. Tra la polvere che si mischia col fango e un prato che tace e che aspetta, come sempre. Come mai.


La bicicletta, comunque, è come la montagna. Accomuna, è condivisione. Pare di ascoltarlo, il silenzio che grida. La vista si spande, il verde si mangia il cemento. Bandiere e tamburi, un parroco a pedali e le suore che fanno il tifo per il primo in classifica. Roba da romanzi d’autore. Che finiscono che vince un eroe, sotto la torre, col volto che soffre e le braccia che lo mettono in croce. È andata proprio così. La sera scende, le parole si confondono tra loro e non brillano più in bocca alla gente. Per diventare grandi, bisogna essere continuamente piccoli. Altrimenti, a guardare tutto da lassù, sì perde di vista l’altezza delle cose.


Le vigne ormai dormono e una volpe svicola tra la luce dei fari. Quelle strade portano ancora addosso il solco delle ruote che le hanno segnate poche ore prima. È il lavoro del buio, che prepara il domani. Anche il Giro riposa, distende i suoi muscoli e rischiara la mente. C’è il tempo che aspetta puntuale, tra un mucchio di storia e una foto di tutti, una foto da fare. Le nuvole si addensano in cima ai monti severi, che quasi nascondono i loro pensieri. Ma c’è sempre una strada che scioglie le briglie e offre, sia lodato, il brivido giusto della libertà.


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Questo è un racconto in cui realtà e fantasia si scambiano, si intersecano, liberamente ispirato agli incontri e alle chiacchierate che ho fatto tra Tagliacozzo, Gubbio, Siena e dintorni.



Specialità di Tagliacozzo e della Marsica

Gli ultimi corridori arrivano a Marsia

Tagliacozzo in festa fino a sera

Gli sbandieratori e i musici di Gubbio si sono esibiti prima della partenza

Tifosi in attesa al bivio di Vico d'Arbia

La corsa arriva al bivio di Vico d'Arbia

Bambini e adulti in attesa di Wout van Aert a Siena

lunedì 19 maggio 2025

Giro d'Italia 2025 / Una giornata cegliese

 


Da quassù si scorge l'acqua profonda di blu, oltre la costa. E, ben visibile, il profilo di una cittadina che si fa largo all'orizzonte. La strada scende a vallate dolci, ma severe. Terre brulle e poi ulivi, colture e stradine sottili ma decise. Sembra proprio che questo sia il fondo di un mare che fu. E sembra quasi di essere cullati dalle sue onde, solo immaginate. Il sole batte forte e non è proprio il caso di andare a cercare scuse. La Puglia, oggi, ha donato il suo vestito migliore e prepara il suo ultimo saluto alle biciclette, che prenderanno strade nuove.

La cittadina è Ceglie Messapica. Forse la più eterogenea tra tutte quelle che il Giro ha visitato in questi ultimi giorni. Dalla storia antica, fondata dai Messapi, e dalla antropologia contemporanea. Il centro sorge su una acropoli di viuzze che cingono edifici in calce bianca. Verso il mare, poi, le campagne e i loro trulli pacati e rilassati. A Ceglie Messapica sono venute a vivere, nel corso degli ultimi anni, molte persone provenienti dal resto d'Europa, soprattutto olandesi, tedeschi e britannici. È evidente dagli accenti catturati rapidi nel mezzo della folla festante e da una bandiera olandese, sventolata sotto gli occhi della Torre Civica dell’Orologio. Anche dalla birra di Irene, da Liverpool, in piedi insieme a me su una panchina della piazza, ad aspettare il gruppo e a cantare canzoni dei Beatles. “She’s leaving home”, la sua preferita.

Prima ancora, al villaggio di partenza, tra le note possenti e dance della carovana, si facevano spazio quelle più dolci della banda della scuola musicale per ragazzi, in cappellino rosa ad hoc per l’occasione. L’idolo locale, tra i corridori, è Alessandro Verre, lucano di Marsicovetere. Un gruppo di ragazzi, suoi amici, lo aspettano sotto al bus della squadra per chiedergli un selfie e un prezioso autografo sulle pagine dell’album delle figurine del Giro. E lui non si fa aspettare, è il primo a scendere. Lungo il tratto di trasferimento della tappa, risalendo verso l’acropoli, si incontrano l’ospedale, una scuola e la chiesa di San Gioacchino. Per un giorno, tutti con gli occhi dedicati al Giro. Festoni e palloncini, striscioni alle finestre. Chi fa capolino tra le tende dell’uscio e si chiede se passeranno proprio da lì.

Nella parte più interna del centro, decorazioni di ricami rosa (provo a dire uncinetto, ma chissà…) incorniciano panchine e biciclette, portoni e angoli di cielo. Ci sono le tipiche luminarie che hanno accompagnato gran parte di questi giorni, ma qui con le luci nelle tonalità del rosa, che quando fa buio colorano le vie. E ci sono il biscotto cegliese e il panino cegliese, due specialità locali, da non perdere. E, infatti, non me le sono perse, tra le botteghe storiche riportate a nuovo. Ma il gruppo passa, non c’è tempo di aspettare. Che belli tutti quei colori sulla tela bianca delle case. Lui chi è? Ecco la Maglia Rosa! In piedi coi telefoni più in alto possibile, sulle scalette e appoggiati alle ringhiere, a qualsiasi cosa possa offrire una visuale privilegiata. E poi, lento, tutto torna alla normalità, quella di tutti i giorni. I sogni, si sa, finiscono in fretta. E l’euforia del Giro che passa trova pace nei rumori della quotidianità. Un cucchiaino che gira un caffè, un motore che svolta in un vicolo, una porta di casa che si chiude e così sia.


La banda dei ragazzi di Ceglie

Alessandro Verre e i suoi tifosi

Gli olandesi di Ceglie

Irene da Liverpool e i suoi amici

Le decorazioni del borgo


Giro d'Italia 2025 / Il Giro mezz'ora prima

 

seguire il Giro alla buona vecchia maniera (foto Angelo Giangregorio)

Ad un certo punto sveglio Angelo che si è appisolato di fianco a me mentre procediamo sulla strada verso Siena – “qui entriamo nei nostri posti”. I nostri posti sarebbero le crete Senesi che ormai frequentiamo da anni, oltre dieci, per seguire la classica degli sterrati, la Strade Bianche. Quest’oggi però siamo dietro al Giro d’Italia tappa 9, anzi siamo davanti, perché procediamo alla “Ed Hood” o – se preferite – alla buona vecchia maniera dei cronisti d’una volta. Partiti da Gubbio verso la mezza (che da noi significa mezzogiorno e mezza) con mezz’ora d’anticipo sui corridori, teniamo un’andatura tra i sessanta ed i settanta all’ora, proprio come mi aveva insegnato tanti anni fa l’amico Ed, da poco scomparso. E’ quella velocità che consente di tenersi lontani dal casino della corsa, di godere delle strade già chiuse e di fare qualche pausa per un panino al volo, una foto ogni tanto, un po’ di pipì, oppure di affrontare un passaggialivello chiuso, di quelli che ormai non si incontrano più perché stanno soltanto nelle strade secondarie che il Giro percorre e tutti gli altri evitano. Tra Gubbio e Siena è il nostro viaggio al Giro d’Italia, fatto di tantissimi bambini che ci salutano a cui rispondiamo con due o tre colpi di clacson, tantissimi palloncini rosa e sole e nubi che si alternano. Fatto di ore che passano veloci e minuti eterni che non passano mai. Ogni tanto seguiamo lo svolgimento della tappa su raiplay, ogni tanto lo immaginiamo soltanto e poi lo fantastichiamo quando arriviamo nella polvere degli sterrati che tanto amiamo – “non ho mai visto tanta polvere”. Ormai per la stampa esistono i percorsi “fuori corsa”, che consentono comodamente di assistere alla partenza e ritrovarsi all’arrivo con ore di anticipo, e non ha più alcun senso fare ciò che abbiamo fatto noi ieri, se non quello di voler vivere il viaggio dei corridori, non con loro ma tra noi, con le nostre chiacchere ed i nostri pensieri quella breve mezz’ora prima


manca ancora tempo, ma tutti già al balcone

vuoi non trovare il passaggio a livello chiuso?

Diego Ulissi maglia rosa per un giorno


sabato 17 maggio 2025

Giro d'Italia 2025 / Il Giro al bivio di Gagliole

Andrea, Fabio, Lorenzo e la fantastica vespa al bivio di Gagliole


Al bivio ci sono una vespa e tre amici, Andrea, Lorenzo e Fabio. Ed il quarto sono io. In realtà non siamo amici, perché ci siamo conosciuti da appena qualche minuto, ma siamo tutti e quattro in questo luogo immerso nella campagna Marchigiana tra le più belle e le più nascoste che abbia ancora avuto modo di vedere. La torre di Gagliole di qui non si vede, ma di fronte a noi si sdraia tutto ciò che porta verso i Sibillini. Castelraimondo, Camerino, e poi ti immagini di là dall’altra parte il lago di Fiastra ed oltre vedi già le vette che ancora mostrano della neve, mentre qui da noi tutto è rigoglioso. C’è un silenzio irreale perché stiamo aspettando il Giro d’Italia, ed è questo che ci accomuna e ci rende amici. La vespa è uno spettacolo, ci porta indietro ed è semplicemente perfetta in questo contesto. Poi il bivio si popola, c’è la famiglia di Fabio, poi quella di Lorenzo, poi due signori anziani, un ciclista e forse anche qualcun altro. Si fa gruppo, si parla, si vede lo spettacolo con Plapp a testa bassa, che è imprendibile e poi Ulissi che sa di rosa ed il gruppo con la maglia rosa che si nasconde. Improvvisamente il bivio torna ad essere solitario, ed improvvisamente ognuno di noi ha fretta di andar via; ci si saluta sapendo che non ci si vedrà più, ma lo facciamo come se dovessimo rivederci ancora. Domani il Giro risale e continua, mentre il bivio di Galiole rimarrà dov’è sempre stato. Il Giro è passato da lì, lo si racconterà per tanto tempo. E così sarà come tornare a stare nuovamente insieme.