E' la più lunga. Eterna. Trecento chilometri tutti d'un fiato ma che non passano mai. Il ritrovo a Milano, la mattina presto, quando l'aria punge ancora. La partenza dai navigli col cuore in gola quasi l'arrivo fosse dietro l'angolo. I lunghi rettilinei che attraversano campagne e città. I primi sali scendi verso Ovada, gli alberi di ciliegio in fiore. La lunga salita verso il Turchino, con la piccola galleria che aspetta da un anno. La discesa folle ed il mare. Gli strappi di Arenzano, Cogoleto e Varazze. La lunga attesa delle Mànie. La svolta a destra e le salita verso Voze che può decidere tutto. Discesa spericolata su Finale. Le spiagge lunghe del Ponente ed il gruppo che pian piano si ricompone; e poi di nuovo i capi. Mele, Cervo e Berta. Salite della memoria, del mito, spianate ai trentacinque all'ora. Si perdono i primi pezzi. L'angoscia di una caduta e la velocità che sale senza fermarsi. La scogliera e la svolta, liberatoria, a destra. La Cipressa. Il gruppo si divide; in salita o nella discesa da brividi. Gli attacchi nei lunghi rettilinei tra Riva ed Arma. Il Poggio, l'ultimo decisivo giudice. La picchiata e di nuovo sarà, comunque, traguardo. Quel momento cancellerà tutto. L'attesa, i brividi, l'angoscia calda che assale già qualche giorno prima. E' un fiore che sboccia in un incanto di Riviera. E non ditemi che non è così anche per voi.
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