Il Giro va. Forse ancora anonimo, in queste prime giornate che vagano in cerca di una loro continuità sportiva, agonistica. Ma podii e fughe fanno storia a sé, sono spunti di cronaca che, chissà, diventeranno momenti di gloria nei giorni avvenire. A bordo strada, con i gomiti poggiati su una fila di transenne metalliche o dietro un nastro svolazzante delle polizie locali, ognuno vive il suo di Giro. Chi per la prima volta, chi perché è una scusa, chi perché non sa proprio resistere al fascino di tutto quel casino, qualunque esso sia, qualunque forma abbia. Ma la festa è servita e ora, scusate, si balla.
Ad Alberobello c'è più gente oggi che alle feste dei Santi Medici. Che macello! Le nuove religioni di un mondo che avanza. Il bianco riflette ancora, come ieri, più di ieri, un sole bollente che confonde e abbronza. Ma chi pedala sta sempre bene, lo dice la voce del popolo. Clara e i suoi discepoli, in abiti tipici, mostrano con orgoglio e discrezione le loro opere nate dai prodotti di questa terra e dalle sue tradizioni popolari. Al proprio amato, o alla propria amata, si usava dare in dono un ramoscello d'ulivo col suo nome intagliato nelle foglie. Oggi, qui, tutti amano il Giro. I trulli osservano sornioni dall’alto. Ancora appisolati, ma ammirati e instagrammati da turisti poliglotti, accompagnano la carovana della corsa. Un posto in prima fila, finalmente per loro.
Noci splende come non mai, sotto le sue luminarie bianche che, in altre occasioni, hanno omaggiato ricorrenze più formali e oggi fanno da cornice pop al più grande evento pop che poteva capitare sotto le loro ali protettrici. Una miscela elettrizzante. Ci sono il calore e l’entusiasmo delle grandi occasioni, negli occhi dei bimbi vestiti di rosa e in quelli dei grandi finalmente tornati bambini. Non vedevano l’ora. La corsa è un vortice, dura tutto pochi secondi, ma ormai chi se li scorda più. Le ammiraglie, le moto, l'elicottero, il fuggitivo – ma chi è – e poi tutto il gruppo colorato e compatto e acclamato. Noci, 4 lettere, come Giro, come rosa. Come Aldo e come Moro, che qui venne in visita nel 1967 e una targa nel centro storico lo ricorda. In attesa di un altro Giro, sperando che torni presto, a Noci e in tutta la Valle d’Itria pedalano amatori e appassionati, l’associazione ‘La Matta’ e la sua ciclostorica.
Oria è uno sprazzo improvviso e inatteso. Una molla nel Giro. Col suo castello rinomato, che fu ampliato e amato da Federico II. Coi suoi 4 rioni che ad agosto si sfidano in prove di destrezza per vincere il palio che riporta l’atmosfera al Medioevo. Ma stavolta, tutti d'accordo, vince Rione Giudea, perché la corsa passa da qui, davanti alla porta d'ingresso del borgo e sotto lo sguardo della statua di San Francesco da Paola. In cima a uno strappetto che per i corridori non è che un leggero solletico. La bandiera del rione è biancoceleste, campeggia di fianco a una scaletta di un’abitazione, e una grande scritta artigianale in carta rosa su aiuola verde – "W il Giro" – aggiunge quel tocco d'arte popolare che il ciclismo porta sempre con sé e che meriterebbe, io lo penso, un museo itinerante. Da Oria, oltre al gruppo veloce, passa anche la Via Appia, direzione Brindisi. Legame ancora vivo con Roma e porta verso l’Oriente più o meno lontano, più o meno spirituale.
Infine Lecce, ultima stazione di questa giornata gremita e ultima stazione delle province della Puglia. Che è una regione lunga, lunghissima. Se fosse una gara d’atletica, sarebbe un salto triplo, un diecimila metri. Fichi d’india e ulivi, nuvole chiare ovattate che ammorbidiscono il cielo. Il profumo di mare e pomodori, le guglie e il bianco, le ville comunali. Lecce è una grande città e, come tutte le grandi città, intreccia il Giro con le sue dinamiche quotidiane, che continuano a scorrere ostinate. Ma l'aria è rosa sotto Porta Napoli, che brilla dorata col sole che scende, così come il Duomo che spunta tra le vie del centro e i gelati prima di tutto, prima di cena. L’aria si raffresca e nuovi orizzonti sfumati chiamano il Giro. Da San Rocco di Noci al barocco di Lecce, per la storia di Oria, col mare che appare tra curve e colline repentine. La Puglia che sembra non finire mai.