sabato 17 maggio 2025

Giro d'Italia 2025 / Il Giro al bivio di Gagliole

Andrea, Fabio, Lorenzo e la fantastica vespa al bivio di Gagliole


Al bivio ci sono una vespa e tra amici, Andrea, Lorenzo e Fabio. Ed il quarto sono io. In realtà non siamo amici, perché ci siamo conosciuti da appena qualche minuto, ma siamo tutti e quattro in questo luogo immerso nella campagna Marchigiana tra le più belle e le più nascoste che abbia ancora avuto modo di vedere. La torre di Gagliole di qui non si vede, ma di fronte a noi si sdraia tutto ciò che porta verso i Sibillini. Castelraimondo, Camerino, e poi ti immagini di là dall’altra parte il lago di Fiastra ed oltre vedi già le vette che ancora mostrano della neve, mentre qui da noi tutto è rigoglioso. C’è un silenzio irreale perché stiamo aspettando il Giro d’Italia, ed è questo che ci accomuna e ci rende amici. La vespa è uno spettacolo, ci porta indietro ed è semplicemente perfetta in questo contesto. Poi il bivio si popola, c’è la famiglia di Fabio, poi quella di Lorenzo, poi due signori anziani, un ciclista e forse anche qualcun altro. Si fa gruppo, si parla, si vede lo spettacolo con Plappa a testa bassa che è imprendibile e poi Ulissi che sa di rosa ed il gruppo con la maglia rosa che si nasconde. Improvvisamente il bivio torna ad essere solitario ed improvvisamente ognuno di noi ha fretta di andar via, ci si saluta sapendo che non ci si vedrà più ma lo facciamo come se dovessimo rivederci ancora. Domani il Giro risale e continua mentre il bivio di Galiole rimarrà dov’è sempre stato. Il Giro è passato da lì. Lo si racconterà per tanto tempo, ed un po’ sarà pur come tornare a stare nuovamente assieme.

 



giovedì 15 maggio 2025

Giro d'Italia 2025 / Una storia che non finisce mai

 


Il Giro va. Forse ancora anonimo, in queste prime giornate che vagano in cerca di una loro continuità sportiva, agonistica. Ma podii e fughe fanno storia a sé, sono spunti di cronaca che, chissà, diventeranno momenti di gloria nei giorni avvenire. A bordo strada, con i gomiti poggiati su una fila di transenne metalliche o dietro un nastro svolazzante delle polizie locali, ognuno vive il suo di Giro. Chi per la prima volta, chi perché è una scusa, chi perché non sa proprio resistere al fascino di tutto quel casino, qualunque esso sia, qualunque forma abbia. Ma la festa è servita e ora, scusate, si balla.


Ad Alberobello c'è più gente oggi che alle feste dei Santi Medici. Che macello! Le nuove religioni di un mondo che avanza. Il bianco riflette ancora, come ieri, più di ieri, un sole bollente che confonde e abbronza. Ma chi pedala sta sempre bene, lo dice la voce del popolo. Clara e i suoi discepoli, in abiti tipici, mostrano con orgoglio e discrezione le loro opere nate dai prodotti di questa terra e dalle sue tradizioni popolari. Al proprio amato, o alla propria amata, si usava dare in dono un ramoscello d'ulivo col suo nome intagliato nelle foglie. Oggi, qui, tutti amano il Giro. I trulli osservano sornioni dall’alto. Ancora appisolati, ma ammirati e instagrammati da turisti poliglotti, accompagnano la carovana della corsa. Un posto in prima fila, finalmente per loro.


Noci splende come non mai, sotto le sue luminarie bianche che, in altre occasioni, hanno omaggiato ricorrenze più formali e oggi fanno da cornice pop al più grande evento pop che poteva capitare sotto le loro ali protettrici. Una miscela elettrizzante. Ci sono il calore e l’entusiasmo delle grandi occasioni, negli occhi dei bimbi vestiti di rosa e in quelli dei grandi finalmente tornati bambini. Non vedevano l’ora. La corsa è un vortice, dura tutto pochi secondi, ma ormai chi se li scorda più. Le ammiraglie, le moto, l'elicottero, il fuggitivo – ma chi è – e poi tutto il gruppo colorato e compatto e acclamato. Noci, 4 lettere, come Giro, come rosa. Come Aldo e come Moro, che qui venne in visita nel 1967 e una targa nel centro storico lo ricorda. In attesa di un altro Giro, sperando che torni presto, a Noci e in tutta la Valle d’Itria pedalano amatori e appassionati, l’associazione ‘La Matta’ e la sua ciclostorica.


Oria è uno sprazzo improvviso e inatteso. Una molla nel Giro. Col suo castello rinomato, che fu ampliato e amato da Federico II. Coi suoi 4 rioni che ad agosto si sfidano in prove di destrezza per vincere il palio che riporta l’atmosfera al Medioevo. Ma stavolta, tutti d'accordo, vince Rione Giudea, perché la corsa passa da qui, davanti alla porta d'ingresso del borgo e sotto lo sguardo della statua di San Francesco da Paola. In cima a uno strappetto che per i corridori non è che un leggero solletico. La bandiera del rione è biancoceleste, campeggia di fianco a una scaletta di un’abitazione, e una grande scritta artigianale in carta rosa su aiuola verde – "W il Giro" – aggiunge quel tocco d'arte popolare che il ciclismo porta sempre con sé e che meriterebbe, io lo penso, un museo itinerante. Da Oria, oltre al gruppo veloce, passa anche la Via Appia, direzione Brindisi. Legame ancora vivo con Roma e porta verso l’Oriente più o meno lontano, più o meno spirituale.


Infine Lecce, ultima stazione di questa giornata gremita e ultima stazione delle province della Puglia. Che è una regione lunga, lunghissima. Se fosse una gara d’atletica, sarebbe un salto triplo, un diecimila metri. Fichi d’india e ulivi, nuvole chiare ovattate che ammorbidiscono il cielo. Il profumo di mare e pomodori, le guglie e il bianco, le ville comunali. Lecce è una grande città e, come tutte le grandi città, intreccia il Giro con le sue dinamiche quotidiane, che continuano a scorrere ostinate. Ma l'aria è rosa sotto Porta Napoli, che brilla dorata col sole che scende, così come il Duomo che spunta tra le vie del centro e i gelati prima di tutto, prima di cena. L’aria si raffresca e nuovi orizzonti sfumati chiamano il Giro. Da San Rocco di Noci al barocco di Lecce, per la storia di Oria, col mare che appare tra curve e colline repentine. La Puglia che sembra non finire mai.








martedì 13 maggio 2025

Giro d'Italia 2025 / Ballare in Puglia


La Puglia è una terra internazionale, che parla più lingue e ha occhi di tutti i colori. Non guarda in mare aperto, è un po' intrappolata nella rete delle fitte cose europee che si guardano dalla finestra. Ma respira lontano e lo fa con tutta la sua identità profumata. Sulle coste frastagliate, le torri di avvistamento sono meno rinomate delle sue acque blu, ma allungano le dita e si danno la mano per abbracciare e proteggere gli ulivi dell'entroterra.

È una pianura che pianura non è. Perché sale e scende, poi riscende e risale. Strappetti secchi, come i suoi muretti, che ti sussurrano in dialetto storie senza tempo di sole e di sudore, quando decidi che la velocità non è più la strada giusta da seguire. E ti addentri per vie tortuose, come i tuoi pensieri che non trovano mai equilibrio e serenità. Come le nuvole che lottano col mare e rimangono, respinte, a mettere il cappello alle cittadine bianche e rotonde che, lentamente, cominciano a intrallazzare con le Murge. Storie di terre senza una linea di confine.

La Puglia, questa Puglia, si prepara ad accogliere il Giro d'Italia che sbarca dopo i suoi primi giorni albanesi. C'è uno stuolo di turisti e giovani ragazzi in gita scolastica che popola Alberobello, la mattina del giorno di riposo. Riposo per i corridori, non per tutti gli altri. Il bianco dei trulli e dei pavimenti acceca un lunedì finalmente caldo e scorrevole. Cappelli rosa, magliette rosa, piatti di plastica rosa, bandierine rosa. Rosa, perfino, sui manifesti funebri, nome di 3 donne che, in questa vita che ci schiaccia, ci sono volute in qualche modo essere per queste giornate speciali.

Noci è un posto che scalpita, di gente con gli occhi curiosi e storie che non paiono così probabili, ma che in realtà, davvero, lo sono. Le signore, di mattina, lustrano le vetrine dei loro negozi per la corsa che passerà, i signori sulle panchine della piazza prendono già posto, tanto noi siamo sempre qui. C'è chi dice il Giro sia venuto già un paio di volte ché me lo ricordo da piccola, c'è chi dice che no, che è la prima volta. C'è fermento sotto gli ombrelli rosa, come per la festa del paese, come per qualcuno che si sposa.

L'aria si rasserena, il tramonto ci prova anche, stasera. Scorrono le scie luminose delle automobili, a disegnare un'attesa nuova. Il Giro passerà, come passano i giorni di maggio, veloci e intensi. Senza respiro. Ma poi il Giro resta, perché il ciclismo arriva e non se ne va più, quando viene a ballare, in Puglia e non solo.

 

giovedì 27 marzo 2025

Gli arcobaleni | Tirreno-Adriatico 2025

 

di Francesco Bonasera

La corsa passa nei pressi di uno dei tanti castelli Marchigiani (A. Federico)



Le Marche sono dappertutto. Te le ritrovi addosso che ti abbracciano e ti fanno il solletico, un po' sorelle, un po' amiche d'infanzia. Di quelle che ti dicono le cose come stanno, eccola la realtà in faccia, anche se fa male. Perché dietro a ogni curva si può sempre spegnere la luce. 
Col sorriso obliquo complice e una frase in dialetto tronco, e poi con qualche lacrima calda e nascosta, perché mica ti puoi emozionare così, in mondovisione.

Tanto, poi, anche le lacrime se le porta via il vento impetuoso di queste terre, che pettina i campi verdi e storce anche i pensieri degli alberi più duri. Vento, vento e ancora vento. In faccia ai corridori, che chi me l'ha fatto fare, che chiuditi il giacchetto, che me ne torno a casa, va'. Che già ci pensano le strade a buttarti con le spalle al muro. Uno schiaffo forte, subito dopo ogni carezza. Su e giù, quasi fino a toccare il cielo col fiato e poi scavare la terra a mani nude. Un ottovolante senza bisogno di padroni né di gettoni. Prendi e vai.

Pergola aspetta e attende, fiduciosa e spoglia. Qualcuno arriverà, speriamo faccia presto. Perché c'è il tempo che non smette di chiamarci da una vita. Ma, please, stay. Noi ci prendiamo un caffè e i Bronzi Dorati di Cartoceto fissano la linea del traguardo, loro così esperti di gradini del podio.

Ma no, non è nemmeno questa la sera dei miracoli. Col mare buio pesto e la pioggia che non smette più di fare a botte con la Luna. Mica lo capisce che di notte gli arcobaleni non si vedono mai. E allora è strano il nostro destino, di naviganti in cerca di quello che su internet non si trova, di sapori come quelli di una volta e di bici che sanno fare imprese eccezionali.




 

venerdì 21 marzo 2025

Il sapore del racconto | Tirreno-Adriatico 2025



I pini sul mare portano il peso degli stabilimenti chiusi, che sognano spesso l'estate che verrà. C'è un vento forte che soffia e accarezza la spiaggia deserta. Giusto qualche sporadica impronta a quattro zampe, in cerca di futuro e di qualche ora di libertà. Il sole pretende, comunque, la sua parte in scena e non si fa troppi problemi a scaldare un paio di sorsi di birra fuori stagione. Il Belgio arriva fin qui, fino a Follonica, che senza ruota panoramica mantiene il suo piglio operaio e giudizioso.

C'è il corso che porta verso la corsa, manichini in attesa, prigionieri di qualche vetrina chiusa per l'ora di pranzo, e la vecchia fonderia che accompagna per un po' i corridori nel loro avvicinamento, rapido e probabile, a una volata di gruppo. C'è gente di tutte le età sulle rotonde. Gente che in bici ci va, per lavoro o per piacere, verso i tramonti che pennellano le stagioni della costa, senza un ordine preferenziale. 

Questa parte di Toscana è un cuscinetto tra le sue cugine più rinomate: a nord la Versilia, a sud la zona dell'Argentario. Quelle che alla cena di Natale luccicano di più e hanno sempre qualche contatto buono e pacchetti infiocchettati di sorrisi. Eppure, Follonica convoglia in sé anime e storie che hanno il sapore del racconto vero, delle parole che entrano e scavano, in profondità. Di fronte al fuoco di un camino che stringe al petto il passato e scalda il tempo che scivola via.

Follonica è nata e cresciuta attorno ai suoi metalli, attorno al ferro e alla ghisa. Ai piedi delle Colline Metallifere, quelle che spesso abbiamo sfocato sui libri tra i banchi di scuola. Il legname buono da bruciare e il mare buono per viaggiare. Braccia e cuori per amori immaginati e scolpiti, cantati e pregati. Di certo, mai dimenticati. E poi l'Isola d'Elba, un profilo all'orizzonte per stringersi la mano da buoni amici e guardare insieme verso mete lontane.

C'è il MAGMA che fa da prezioso narratore e trasuda storia e passione da ogni suo poro. Museo delle Arti in Ghisa della MAremma. Cinque lettere, la M iniziale, quasi copia carbone di Milan, che cinquecento metri più in là alza un braccio al cielo, nel quartiere Charleroi (ritorna il Belgio), festeggia con i compagni e si veste di ciclamino, per dare colore a un mare che è ancora invernale, che è ancora informale.

Per le strade che si fanno sera, pare di sentire ancora il rumore della fabbrica, insieme a quello dei pedali che cigolano verso riva e si mischiano al sapore freddo dell'acqua che diventa onde. Le maglie di lana, soffitto di un bar, hanno i colori delle vecchie squadre di bici, a righe o a rombi. E parlano di gelati, automobili e caffè. A Follonica si corre, ma soprattutto si gusta, anche la Leopoldina, una ciclostorica che porta nel nome le insegne del granducato che fu, che fece e che chiude il cerchio con le storie di queste terre, malandate ma riconquistate. Mutate nel tempo, narrate nel tempo, in corsa col tempo.

venerdì 11 ottobre 2024

Giro dell'Emilia 2024 | Magazzini vuoti


Il ciclismo è una continua intersezione. Un incrocio. Uno scambio. A volte rischioso, altre volte amichevole, altre ancora passionale. Senza età, senza ruoli, senza divari. La vita che entra nella corsa, la corsa che entra nella vita di tutti i giorni. A proteggersi a vicenda, sotto un ombrello discreto, dalla paura di sentirsi ancora una volta inadeguati, ancora una volta, per l’ennesima volta, fuori luogo.

Sabato la partenza del Giro dell'Emilia era al vecchio mercato ortofrutticolo di Vignola. Un posto meraviglioso per un raduno dei bus, che aveva il sapore del passato ma allo stesso tempo era vetrina sul futuro tecnologico e cronaca del presente virtuale. Da un anziano signore baffi e impermeabile beige, alla Colnago arcobaleno nuova di zecca assemblata ad hoc per Pogačar. Fino ai tanti bambini a caccia di selfie. A caccia di Remco, a caccia di Roglič. Ma anche a caccia di Simone Velasco e, poco più in là, di Eleonora Camilla Gasparrini. Perché il ciclismo è universale e democratico nella scelta dei suoi missionari.

C’erano vecchi magazzini vuoti, dove un tempo si vendeva cibo fresco. Chilometro zero, per chi mangia e per chi corre. Uno di questi magazzini, però, era pieno di libri. Uno spazio di book crossing. Quella mattina era chiuso, ma si poteva sbirciare tra le maglie a rombo della saracinesca abbassata. La merce presa non si cambia. Ma in questo caso sì. 

Ai cancelli del mercato, c’era un cartello blu con una scritta bianca. Diceva “ingresso”. E, dalla parte opposta, in diagonale, c'era il suo compare “uscita”, ognuno con i rispettivi semafori, ormai in pensione. Un luogo di lavoro, oggi che i luoghi di lavoro si sono rifatti la faccia. Uno spazio vivo, oggi che vivi, spesso, fatichiamo a esserlo noi. Una culla di ricordi, oggi che i ricordi li scambiamo per paure.


La pioggia, per una volta, calzava a pennello nella sceneggiatura di una mattinata storica di una corsa storica. Cadeva, incessante, fitta, bagnatissima. Avvolgeva come una pellicola i contorni dei bus, lucidava distese di asfalto e lastroni, scivolava via sulle mantelline nemiche dei corridori. Quasi sgomitasse in continuazione perché pure lei pretendeva una parte nel copione. Migliore attrice non protagonista. 

E allora, subito fuori dai cancelli aperti, le locandine dei film della settimana osservavano curiose e severe il passaggio dei corridori verso il foglio firma. Tra una mano entusiasta al cielo per incitare il campione nuovo e una mano distratta in tasca che si era appena persa il passaggio del vecchio campione. Storie nelle storie, occhi negli occhi. Figli del tempo che torna sempre a chiederci come va.

E per una volta ancora, al cine - oggi - vacci tu.

sabato 28 settembre 2024

Giallo Luglio



Il Tour, il Tour de France. Il Tour de France en Italie. Come mai era successo prima nella storia. O meglio, la partenza del Tour de France en Italie, come mai era successo prima nella storia. Così è più corretto.

Era giugno, ma poi è stato subito anche luglio. E a me sembra già siano passati anni. Perché il mondo cambia, cambiamo noi e tutto scorre senza che il tempo ci faccia capire sotto quale diavolo di tappeto stia nascosto il pulsante stop. Che serve come il pane. Serve come quella borraccia fresca sotto il sole che picchia, serve come quella ruota amica contro il vento possente. 

Avevo visto un solo Tour, nel 2001. Figuratevi quanto tutto scorre. Stavamo ancora in piedi sulla sedia a guardare la primavera fiorire fuori dalla finestra. E fioriva. Spedita e profumata. Verde, rigogliosa, piena di speranze e volti nuovi, amori da togliere il fiato e sogni suonati a quattro mani. Quel giorno, sull'Alpe d'Huez, sfrecciavano nomi mitici. Forse anche troppo veloci. Colori sgargianti, c'erano ancora gli anni novanta nell'armadio. Gli olandesi avevano colonizzato la curva del cimitero e la Maglia Gialla era Stuart o'Grady. Australiano, contorto sulla sua bici e disperato nel provare a difenderla, quella maglia. Da solo. 

Questa foto, invece, quella di oggi, l'ho fatta a Pontecurone, uno dei "nostri" luoghi. Non potevamo che stare lì, in quel giugno che era da poco luglio. Ed era tutto giallo: finestre, portoni, vetrine, pensieri e parole. Il piccolo museo dedicato alla Pontecurone partigiana.

Perché se sei un posto speciale, non lo sei per caso. Hai macinato, dentro, chilometri e chilometri.

Il negozio di dolci, i cappellini della carovana, don Loris alto come un passista devastante. La signora (di cui ora mi sfugge il nome, che ho appuntato da qualche parte) commovente nel raccontare di suo marito e della passione per le corse di bici. E la focaccia! Come poteva mancare la focaccia? E il vigile urbano! E decine di altri volti e di altri occhi. Incrociati, sfiorati, accarezzati, in questo luglio che si è confuso con marzo.

In questo Tour che si è confuso con la Sanremo. Ma la strada, che è sempre maestra, riunisce tutto e tutti sotto le stesse braccia materne.

Io ai mesi dò un colore, da sempre.

E luglio per me è sempre stato giallo.