domenica 14 dicembre 2014

Il museo del tempo perduto

Il museo del tempo perduto si trova a Montefranco (Umbria)

Maggio scorso. Sto precedendo la settima tappa del Giro d’Italia. Una giornata grigia, che quasi promette pioggia; dopo aver attraversato il Lazio sono in Umbria, dalle parti delle cascate delle Marmore, ed è primo pomeriggio. Mi fermo in un borgo tranquillo, Montefranco, per un panino, o qualcosa di più, a seconda di ciò che troverò. La corsa è lontana e c’è tempo per godersi il luogo: il paese è una meraviglia, affacciato sulla valle del Nera, torrente che alimenta le Marmore. Gli abitanti sono già in strada, chi al bar, chi affacciato alla balaustra del belvedere, e chi ancora in piazza; il ciclismo da queste parti non è una novità, se ne sono visti di passaggi della Tirreno Adriatico, ma il Giro d’Italia è un'altra cosa e da qui è da un po’ che non passa. Riordino le idee, scatto qualche foto, e decido di fermarmi per attendere la corsa. La tappa è di quelle già scritte, con arrivo adatto ad una soluzione allo sprint, e non ha senso perdersi nella bolgia del finale. E’ così, tra un pensiero ed un altro, che scorgo una bottega; non capisco se si tratti di un negozio od un piccolo museo, in quanto ad aspetto è singolare. Decine di fotografie appese alle pareti, coppe sui ripiani, ed una bella motocicletta d’epoca esposta quasi ad occupare tutto lo spazio disponibile. C’è una donna anziana, che attende chissà chi all’ingresso. Forse, penso adesso, attendeva me. Le chiedo di quale mostra si tratti e lei, senza indugio, mi fa entrare in un mondo che non c’è più, fatto di ritagli, di storie antiche e di centauri. Questa bottega apparteneva a suo marito, appassionato di motociclette, che aveva corso su strada ed aveva organizzato gare che transitavano o terminavano in paese. L’emozione della donna, nel raccontare queste storie, era candida ed estremamente commovente. Giunse anche il figlio e chiesi loro di scattare la fotografia che ho pubblicato in alto. Quello che non era un negozio lo ribattezzai il museo del tempo perduto quando, la sera stessa, scrissi il mio articolo per Pezcycling, e delle tante storie vissute dietro il Giro, quella di quel giorno, rimane la più intima.