Adriano Malori. Ricordo della Tirreno Adriatico 2015 |
C’è stato un breve periodo durante il quale la crono di San Benedetto del Tronto era cosa tra lui e Cancellara (mica uno qualsiasi), ed in quegli anni immaginavo di vederlo un giorno sfilare tra le palme con la maglia iridata di specialità. L’ultima tappa della Tirreno è da quasi dieci anni una cronometro, che si svolge sempre sullo stesso percorso. Due rettilinei infiniti di cinque chilometri ciascuno, andata e ritorno dal porto di San Benedetto passando per Porto d’Ascoli, che esaltano le doti di chi va forte contro il tempo. Dieci chilometri filati tra le palme che caratterizzano questo lungomare, e che passano di fianco a quello strano monumento, splendido, che è un invito a sapersi voler bene: “Lavorare, lavorare, lavorare. Preferisco il rumore del mare.” Non è una istigazione al cazzeggio, come ho pensato la prima volta, riflettendoci è un forte monito a valutare, scegliere, riflettere. I corridori passano di fianco a quella frase e neppure la vedono, mentre io osservavo crescere di anno in anno quel giovane atleta, che stava regalando tanti risultati ai colori azzurri in una specialità in cui fatichiamo troppo.
Poi l’incidente tre anni fa, e da quella volta anche quella crono ha continuato ad essere solo e soltanto straniera. Così, l’altra sera, quando Adriano ha postato un video (qui il video in Spagnolo, ma si capisce benissimo) con la storia del suo incidente, mi sono incollato allo schermo. Mezz’ora che è fuggita in un lampo, con gli occhi che ogni tanto si riempivano, a vedere e sentire i compagni di squadra che descrivevano quei giorni. Oppure lui, a raccontare il suo percorso di rinascita. Su Facebook ha scritto che il 22 Gennaio 2016 ha fermato il vento al cronoman, ma non ha fermato Adriano. E’ vero. In fondo un atleta è ben altro che solo un atleta; e la lezione che ci regala Adriano è proprio quella che vale sempre la pena di lottare. Pur di sentire il rumore del mare.
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