Antonio Pedrero, tra la folla, arriva nel centro della città |
Corso Vittorio Emanuele scorre, si risveglia, si apre, si allarga in un portico, si chiude in un ponteggio, riparte, si ferma, rinasce, ricorda, guarda in alto e si affida alla terra. Soprattutto, non dimentica. Non può farlo. È il cuore sociale della città, quello dei cornetti al bar e dei vestiti americani, delle bici di passaggio e della musica che va. Piazza del Duomo è ancora in parte un cantiere, popolata di puntelli e divieti, di palazzi impacchettati e gru in cielo come cornici improvvisate. Ma oggi c'è il Giro, il Giro d'Italia. Quell'Italia lontana e vicina, solidale e spettatrice, che 10 anni fa si è accorta de l'Aquila e oggi la ritrova vestita di rosa e di orgoglio, come a un matrimonio di un parente in là di qualche grado. Ma è un rapporto profondo, spontaneo, accogliente e deciso.
C'è il villaggio della corsa con i gadget ambiti dai bambini, ci sono gli anziani che osservano in silenzio seduti sul bordo di una fontana e che ne avrebbero di storie da raccontare sotto quel cappello riservato. C'è una festa street food dall'altro capo del Corso, tra l'Auditorium e la Fontana Luminosa, dove la corsa scorgerà, subito dopo una curva secca a sinistra, lo striscione che dice che ci sono ancora 5 chilometri da pedalare. Menù discese e salite. C'è aria buona, da respirare, da assaggiare e da scrivere nelle pagine più importanti dell'album dei ricordi. Bisogna fermarsi per qualche minuto e osservare, provare a capire e ascoltare, leggere negli occhi e nei silenzi. Anche a costo di perdersi il gruppo che arriva. Perché forse, davvero, mi perdoni il ciclismo, oggi è uno di quei giorni in cui chi vince conta di meno di chi c'è.
E c'è anche un suono leggero che a un tratto accompagna l'attesa. Sono i ragazzi del Liceo Musicale della città. Hanno i fiati in mano e dentro il fiato del futuro. Con quel motto, "Jemo 'Nnanzi", scritto su un enorme drappo tricolore che ha sfilato, prima della tappa, dalla linea d'arrivo fino alla piazza, accolto dagli sbandieratori. Ci sono le vie parallele da percorrere e in cui perdersi, per guardare con occhi diversi la faccia nascosta della medaglia, quella più devastata. Sono le vie che portano verso la Basilica di Collemaggio, rinnovata, dove sono parcheggiati i bus delle squadre. Ci tornano uno a uno i corridori sfiniti da una giornata complicata. Intrecciati al pubblico, che cerca borracce e foto, spera nel saluto di un ciclista sconosciuto. Perché i ricordi non siano solo lo spavento di una notte buia, ma anche la luce di un pomeriggio di festa.
Piazza Duomo, una giornata di festa |
I ragazzi del Liceo Musicale hanno suonato lungo Corso Vittorio Emaniele |
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