venerdì 21 maggio 2021

Giro d'Italia 2021 - Quel che dovevo a Perugia


di Francesco Bonasera


 I grandi amori sono sempre un affare molto complicato. Un'altalena di contraddizioni, di perdoni e di bisogni profondi.

Ci si lascia, ci si riprende.

Soprattutto, ci si rincorre in continuazione.

Amo Perugia da anni, da quel lontano 11 settembre 2001 che per quasi tutto il mondo ha il volto di aerei e torri che vengono giù. Per me è stato il primo sguardo timido occhi negli occhi con la città dell'avventura universitaria.

In 20 anni non ci avevo mai visto una corsa di bici. Mai. Non c'era mai stata occasione. O, meglio, quelle che ci sono state me le sono perse. Come negli amori veri, quelli in cui ti perdi quasi tutto perché non sai mai scegliere.

Fino a ieri, quando la partenza del Giro ha invaso il centro. Piazza IV Novembre, il Corso, Piazza Italia, i Giardini Carducci, i portici, poi giù per via Indipendenza. Ogni passo una storia, un ricordo, un'occasione persa. Un colpo di fulmine. Fra tutto quello che non è cambiato mai e tutto quello che di nuovo c'è. Fra le sicurezze a cui ci aggrappiamo disperati e le paure di un mondo che non ci appartiene più. Fra le fatiche strazianti di una salita maledetta e la pace commovente di una strada bianca.

Dall'ultimo portico di Piazza Italia (o il primo, fate voi, quando le cose sono un circolo vizioso, non c'è un inizio e non c'è una fine), ho voluto respirare, aspettare il Giro, farmelo scivolare addosso e lasciarlo scappare via. Come gli amori veri, quelli che non acchiappi mai. Quelli che stanno sempre in fuga.

Allora l'ho voluto fermare, fotografare, non perderlo per sempre.

A Perugia, glielo dovevo.

Da lì, si vede San Domenico, più in lontananza il campanile di San Pietro. Ancora oltre il Monte Subasio, inconfondibile, e Assisi bianca addosso a lui. Si vede l'Umbria, l'Italia e, con un po' di immaginazione, il mondo intero.

Quel mondo che puoi girare con una bici accanto.

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