di Francesco Bonasera
La coda per le vacanze passa sbiadita tra le notizie che
danno alla TV. È un'estate che procede lenta, come quella di trent'anni fa, con
le cicale che tessono un tappeto di armonie e le tende esanimi alle porte
aperte delle case. Tra un pranzo ormai appisolato sul divano e la strada
rovente e deserta che chiede soltanto pietà.
Le bici aspettano in cortile l'ombra della sera, c'è un artista in paese che canta giù in piazza poco dopo le 6.
Il pomeriggio è ancora troppo azzurro. E lungo.
Sdraiati sul letto insieme a me, riaffiorano i ricordi di un pomeriggio diverso, uno di quelli di trent'anni fa. Il paese rideva infiocchettato di azzurro e di blu. Parole, parole, parole, tra sambuca e caffè. Sui tetti del centro un vento che spezzava pure i muri più duri. Era massiccio, imponente, travolgente. Fastidioso, soffocante, disturbante. E per questo era davvero bellissimo. Rimetteva in ordine un groviglio di mesi incerti e in gran parte buttati. O, almeno, ci ha provato un bel po'.
Nessun compromesso, non scambiatevi alcun segno di pace.
Quel pomeriggio c'era la corsa di biciclette, proprio come
quelle che danno alla TV. Le moto, le sirene, le macchine che sfrecciano e
tutta quell'aria che vola quando il gruppo arriva a tutta velocità.
Io per lavoro conoscevo tutte le strade d'Italia. Curve,
semafori e gallerie. Ma quando ci passano le corse, è tutta un'altra storia.
Così belle che quasi non le riconosco più. Così pure che tutta la rabbia fa le
valigie e ritorna in città.
E non mi importa che dei due mari qui non ci arriva nemmeno il profumo. Ci andiamo una domenica al mare, ti porto a vedere lo strano effetto che fa.
Di quel giorno m'è rimasta una borraccia, raccolta da terra davanti ad un bar. Ci metto i fiori che raccolgo per strada. Ci metto i pensieri che lascio a metà.
Oggi che tutto è diverso, è proprio tutto uguale a com'era.
Nessun commento:
Posta un commento