martedì 29 settembre 2020

Julian Alaphilippe


 Questa è la storia di una fotografia e di un amicizia, che poi è il filo conduttore di questo blog. E’ la storia di quando con Angelo abbiamo deciso di vedere il Mondiale di Imola in discesa. Un po’ per evitare gli inevitabili assembramenti della salita ed un po’ perché ci è venuta voglia di fare qualcosa di diverso. Studiato per bene il percorso capiamo che l’ultima discesa offre un paio di opportunità. Ma è sabato sera, dopo il Mondiale femminile, che capiamo qual è lo scatto che vorremmo immortalare. Ricordate le immagini in televisione dall’elicottero con la Van der Breggen che corre verso la maglia iridata e sembra volare sullo sfondo delle colline Emiliane? Quella è la fotografia che vorremmo prendere per il Campione del Mondo 2020. Tra quello che vogliamo e quello che sarà c’è un’intera giornata passata a camminare, ad ipotizzare angoli e luce, a studiare geometrie, a scegliere alternative ed a seguire una corsa che non vuole decollare. Poi ci siamo noi, due amici che da anni seguono insieme le corse più belle del mondo, fregandosene di chi vince e chi perde ma osservando con lo stesso interesse tutti i corridori, dal primo all’ultimo, perché l’esperienza ci ha insegnato che gli scatti migliori sono quelli fatti a coloro che arrivano dietro. Però stavolta è diverso, c’è da replicare quell’immagine vista in televisione e quando all’ultimo giro sento a bordo strada che Alaphilippe è scattato ed è solo, corro verso Angelo, lo informo, mi metto nel posto che avevo studiato ed attendo. Il cuore che batte, la mano che per forza non deve tremare, e tutto attorno che è confuso. L’elicottero dietro noi sta già in posizione per creare lo stesso scenario del giorno prima. E poi lo scatto, la raffica, la macchina che ormai fa tutto quello che le ho detto. Neanche guardo, forse chiudo gli occhi, non lo so. Li riapro e vedo Alaphilippe volare via, che già arrivano i suoi inseguitori. Le foto le vedremo la sera sullo schermo del PC, dal display non si riesce mica a capire, però la sensazione di aver fatto bene c’è. Ne parliamo, ma non troppo. Siamo come i pescatori, ciascuno un po’ geloso del proprio raccolto, ma amici per la pelle. Alla fine la foto è lì, giudicatela voi, perché nel mio profondo dopo averla rivista mille volte l’ho un po’ già bocciata. A me già non interessa più. Già sogno la prossima foto, perché io sono alla ricerca dello scatto perfetto, quello che non arriverà mai.

3 commenti:

Michele Mazzieri ha detto...

Penso che quell'inquadratura cambierà la storia delle riprese delle gare ciclistiche. Domenica ho girato mezzo circuito, ho attraversato fili spinati, scalato i calanchi, "sfidato" il toro al pascolo (il cartello era minaccioso, ma il toro sembrava profondamente distaccato) e non ci ho pensato che avrei dovuto girare a destra e che mi sarei dovuto mettere sulla cresta dopo la Gallisterna. Grazie per questa foto

Alessandro Federico ha detto...

Grazie a te di queste belle parole

Michele Mazzieri ha detto...

sai cos'ha di particolare questa foto? Hai presente quando i bambini si disegnano in bicicletta? Una striscia orizzontale è l'erba, sopra l'erba c'è la bici e dietro la bici il bianco del foglio.
Secondo me è questo che ci colpisce nell'inquadratura